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Avventura numero 34 -- Giovani campioni --



Appiccicato come un geco alla rete divisoria, Arturo guardava sgambettare la squadra pulcini del paese nella partita settimanale contro i pari eta' del paese vicino, le nocche che si sbiancavano scosse da una contrazione inconvulsa ogniqualvolta il suo pupillo, nonche' figlio primogenito, Paolo Roberto, entava nel vivo del gioco.
Fu quando il giovane campione manco' un aggancio facilissimo che diversamente lo avrebbe visto presentarsi da solo davanti al portiere, che una voce alle spalle di Arturo tuono' indignata: "Ma 'nvedi che pippa aho, se te pija l'associazione pe' la protezione de le zanzare te fa' causa, che n'hai ammazzate 'no squadrone! Ah pipponaaaaaaa!"
Arturo trattenne un fremito e si giro' a squadrare Ermanno, ex lottatore professionista, canotta a rete nonostante il freddo pungente con su una lapalissiana scritta "Boia chi la molla" a guarnire l'ampio pettorale per poi appoggiarsi su addominali ormai definitivamente rilassati in un comomero fuori stagione interamente sporgente fuori dalla cinta dei pantaloni.
"Non le sembra di esagerare, la palla tutto sommato era troppo forte, non era un controllo facile..." fu il mesto tentativo di Arturo, al quale Ermanno replico' senza esitazione e senza evitare di sgrattugiarsi rumorosamente il sospensorio: "Ma che forte, forte 'sta ceppa, era un passaggio ar bacio che lo controllava pure un paralitico, ma sti regazzini je insegnano un po' de tecnica o no? perche' si in caso io er mio lo porto in colonia ar mare invece che ar campetto, armeno se ossiggena e me pja pure un po' de colorito..."
Arturo, nonostante il fisico da ministeriale lo mettesse chiaramente in soggezione di fronte al colosso di lardo che era il suo interlocutore, non si diede per vinto, anche perche' di mezzo ci andava il sangue del suo sangue: "Ma io penso che 'sti regazzini devono impara er pallone, ma anche artri valori, tipo er rispetto pe' l'avversario, l'amore pe' lo sport, er sape' vive assieme all'artri..."
"Ma che te devi da rispetta', ma lo hai visto che quello pare fracico, e' tutto 'na mossa, se atteggia tanto ma nun conclude gnente... sti regazzini deveno impara' a doma' er pallone, che er pallone e' come un cavallo servaggio che sinno' fa come je pare e te scorazza via che nun lo tieni... fatte servi', io da regazzino giocavo stopper nelle giovanili der San Godenzo... lo sai come se faceva chiama' l'allenatore nostro? eh? ce lo sai?"
"No, veramente non ne ho idea, ma il concetto..."
"Se faceva chiama Sbranacerbiatti, ecco come se faceva chiama'.. e all'allenamenti, si arivavo in ritardo, magara perche' mi' padre aveva fatto quarche minuto de straordinario, a mi padre lo pijava per culo davanti a tutti, je diceva che era un servo de la glebba, e a me me faceva core tutto vestito coi camperos, che alla fine me friggevano li piedi, e poi 100 flette nun me le levava nisuno!"
"Beh accidenti, mi pare un po' esagerato, capita a tutti di fare tardi..."
"E manco pe' gnente, co' Sbranacerbiatti tardi nun esisteva, tardi era morto, pe' lui... e lo sai che ce faceva fa, all'allenamenti? Ce metteva uno contro l'artro e ce dovevamo pija' a carci ne li stinchi, e si facevi finta, se n'accorgeva e a carci te ce pijava lui.. perche' se dovevamo impara' a prenne li carci e pure a dalli, che lui femminielli in campo nun ce li voleva... a me pero' me voleva bene, e me faceva sempre fa' una mezz'oretta in piu' pe' le lezzioni de massacro..."
"Lezioni di massacro?" interloqui' Arturo, ormai dimentico della partita che si svolgeva alle sue spalle.
"Sine, lezioni de massacro... je dovevo fa' na marcatura stretta, a omo, co' lui che sgomitava a tutta callara e me riempiva la panza e la faccia de botte che nu te dico, pero' nun me lo dovevo mai fa' scappa', sinno' se incazzava e incominciava a lavora' de ginocchia su le palle e de capocciate sur naso... me fece diventa' er piu' forte difensore de la categoria, e pure quanno facevamo le partitelle co' la prima squadra, er centravanti avversario se metteva a gioca' all'ala e hai da vede come girava al largo..."
"Capisco... comunque a questa eta' e' giusto che il calcio si viva piu' come uno svago, un divertimento.."
"E che tu te diverti a fatte pija' per culo da tutti? Io me ricordo che prima de le partite Sbanacerbiatti ce portava in ritiro drento a 'na specie de convento de clausura sconsacrato, ce toccava dormi' su li tavolacci e magna' solo cetrioli e banane... nun c'era permesso de cammina' co'le mano in saccoccia, dovevamo core pure quanno annavamo da la cammera da letto ar refettorio e quanno pisciavamo lo dovevamo fa' correndo sur posto... e senza sporca' la tavoletta.. diceva che dovevamo ave' er controllo totale pure ar cesso!"
"Ma non le pare esagerato? tutto sommato eravate ancora dei bambini, e certi metodi non si adottano manco coi grandi!"
"Sara' stato pure esaggerato, ma quell'anno vincemmo er campionato reggionale de categoria e parecchi de noi fecero pure arcuni provini colle giovanili de quarche clubbe prestigioso... io presempio, avevo fatto er provino co' la Juve, poi me s'e' crepato er ginocchio mentre me allenavo contro er muro pe' rinforza' la resistenza ar dolore, e ho dovuto lassa' perde... sinno' magara ar posto de Cuccureddu ce stavo io, e sta' tranquillo che Maradona nun ciarivava manco pe' turismo, a Napoli..."
"Accidenti, la Juventus..." sospiro' Arturo.
In quel momento, il triplice fischio finale interruppe la sfida giovanile e anche la conversazione tra Arturo e Ermanno.
Quando Paolo Roberto usci' dallo spogliatoio e vide il padre, sul volto gli si allargo' un fanciullesco sorriso, che subito si trasformo' in una smorfia di stupito dolore quando Arturo gli assesto' un sonoro calcio sugli stinchi.

Avventura numero 33 -- Il grigio --

Lo incontavo tutte le mattine all'uscita del supermercato.
Lo potevi trovare ogni giorno li', dove i carrelli mulinellano alla ricerca di uno spazio vitale per raggiungere, con una accelerazione degna di un centometrista, i portelloni delle macchine - come un vigile urbano a piazza Venezia allarga le braccia non si sa se per indicare il flusso di automobili consentito o perche' ormai arresosi all'evidenza di non poter governare il serpentone di auto che preme, come una Hydra a molte teste, da tutti i lati.
Si sedeva a terra, confondendosi col suo completo
grigio con il colore dell'asfalto, interrompendo le strisce gialle e bianche della segnaletica orizzontale come una aiola postmoderna di viole e rose di piombo. L'unica macchia di colore era il poco di rosa che sfuggiva dalla manica della giacca, una mano con le dita incollate in una muta richiesta di aiuto.

Fu quella mattina che un gruppo di coatti griffati evidentemente esuli dall'impegno scolastico passarono li' con le mani trasudanti pizza con la mozzarella e umide di rugiada alla cocacola, le voci sgraziate a comporre una cacofonia di slogan da stadio nei confronti delle signore traboccanti sporte e spingenti carrozzine, in equilibrio precario su improbabili tacchi a spillo alle 9 di mattina.
Fu quella mattina che il piu' alto e grosso del gruppo, la faccia rubizza e la testa rasata sul bomber paramilitare, non vide l'aiola grigia, e fini' rovinosamente a terra in un tripudio di bibita gassata e
mozzarella e sugo.

Avevo appena finito di depositare la scarna spesa quotidiana nella mia Golf, parcheggiata a pochi metri, e devo dire che la scena di quella montagna di carne e vernacolo romanesco ribaltata e spalmata sull'asfalto mi incuriosi', ma comunque meno del fatto che lui non si era mosso affatto: una pietra miliare sul ciglio del caos, nemmeno il cucchiaio rosa delle dita sembrava essersi minimamente piegato alla violenza dell'urto.

Ero pronta a tornare a casa, quando la situazione precipito'.

La montagna si rialzo' scrollandosi briciole e cocacola come un cane dopo un tuffo nelle acque di Martignano. E il cane addento' l'osso, lanciandosi feroce contro la statua di sale
grigio, schiumando rabbia e sputando orgoglio ferito, mentre i compari di merendina si facevano attorno, catalizzando l'energia psichica del gruppo, e convogliandola sul loro amico, incitandolo a colpire forte quella immondizia invisibile, quell'ectoplasma solido, quella indegnita' di materia grezza.
Quando il primo colpo di stivale si abbatte' sul suo fianco, quasi mi tappai le orecchie per attutire il rumore delle ossa frantumate e quasi mi coprii gli occhi per non vedere sbriciolarsi la figura ancora immobile e a capo chino.Ma non percepii crac e non vidi volare frammenti.

Il tempo si congelo' come una scena di Matrix, la scarpa dalla para pesante e le punte metalliche sembrava incollata sull'omero della figura in
grigio.
Registrai meccanicamente un rumore sordo di cuoio e metallo e gomma su granito e vidi la massa stupita del gigante riportare a terra il piede e alzarlo ancora e colpire ancora, nello stesso punto e poi ancora ma sulla testa, sulle gambe, sul naso, e ciononostante nulla si mosse se non le onde del suono martellante di materiale di stivale che colpisce la pietra.

Tum tum tum tum tum tum tum tum.

Il ritmo e la forza dei colpi scemo' incredula, il cerchio di astanti perse consistenza, smarri' coesione, comincio' ad allargarsi come cavalli in quadriglia per poi perdere simmetricita' e diventare un cumulo di facce incredule mentre il grassone non ha piu' la stessa sicurezza non reagisce all'esperienza incredibile e non la sa inquadrare nella sua storia di scontri dietro una sciarpetta e fughe tra le siepi che circondano lo stadio.

E la scena riprese la velocita' della vita normale, si scollo' dalla melassa spaziotemporale e il gruppo si rianimo', liquido' la faccenda con qualche imprecazione e i soliti slogan, si fece grande di colpire ancora, stavolta a turno, la forma
grigia e poi, piano piano, si allontano', una mano in tasca e l'altra ancora armata di pizza al sugo e mozzarella.
Mi avvicinai cauta al grigio e per la prima volta depositai tra quel cucchiaio proteso e immobile, una moneta.

Nonostante io torni ogni giorno in quel supermercato, ed ogni giorno ormai lasci a quel destino
grigio
la moneta con cui avevo liberato il carrello, quella fu l'unica volta in cui mi parve di scorgere, in quello spartitraffico dell'umano viavai, un sorriso.

Avventura numero 32 -- Lo Smilzo e il Chioccia --




SMILZO

Nun capisco che succede stasera.
Me so' svejato tardissimo che ieri sera c'era quer cazzo de rave a Palmarola, e ancora cio' un mal di testa assurdo.
Me so' preso un caffe' e so' scappato ar club, ma erano tutti allucinati e annaveno de corsa, cosi' ho preso lo scooter e ora ecchime qua, alla palla della Sud.
Chioccia e' esaggitato piu' der solito.
Commanna a destra e a sinistra, organizza, e tutti obbedischeno, ognuno pare che cia' un compito preciso.
Colla coda dell'occhio vedo er Ciancica e Femore che tirano fori dalla macchina i bastoni, e intanto sento veni' una gran caciara da lungotevere, e ecco che ariveno un gruppo de lazziali.
Malimorta', che cazzo ce stanno a fa' questi qui stasera che gioca la Roma... accelero er passo e subbito so' de fianco a Chioccia... "A Chio', ce stanno li cuggini, ecchili che ariveno.. ma che vonno questi aho', ma che so' matti, scoppia un macello scoppia..."
Er Chioccia me guarda sornione e me dice de tranquillizzamme:"Sta carmo, a Smilzo, e levate la cipiccia dall'occhi. E' tutto sotto controllo, anzi, vie' co' me che annamo a parla' cor Banana, er capo loro...'
Nun me fido troppo, pure se er Chioccia sembra sicuro de quello che dice. Lo seguo un passo dietro, pronto a paraje er culo ar primo cazzotto che vola. E invece er Chioccia e er Banana se danno er cinque, se scambiano du' parole decise, sento parla' de la caserma a Guido Reni e der Coni, poi li lazziali fanno dietrfront e partono de corsa a raggera verso ponte Duca D'Aosta.
Chioccia appare soddisfatto, me abbraccica alle spalle, lui ch'e' arto quasi du' metri co' quer cranio pelato penso sempre che me sta pe' stritola', e invece e' sempre gentile, forse perche' so' l'urtimo arivato ner gruppo e so' pure er piu' pischello. Dice che me deve parla', che cia' na missione pe' me....

CHIOCCIA

Tutto procede per il meglio.
Macchia Nera m'ha chiamato ner pomeriggio, e m'ha spiegato tutto pe' filo e per segno.
So' dumila euri che me fanno comodo, ma questi so' cazzi mia e mejo che l'artri nun sanno gnente. Lo smirzo e' rincojonito come ar solito nun sa' gnente de quello ch'e' successo oggi.
Se guarda attorno spaurito, me tocca fomentallo prima che se caca sotto.

"A smirzo vie' qua che stasera c'e' bisogno de tutti. Hanno ammazzato uno dei nostri, smirzo, uno dei nostri, l'hanno ammazzato come un cane in mezzo a la strada...'

Lo smirzo barcolla coll'occhio spalancato, se vede che er regazzino e' tenero, pero' cia' la grinta giusta, perche' allo spavento iniziale se sostituisce la rabbia, quella cieca, quella che viene da dentro quanno sei vittima de un'ingiustizia.

"Uno de noi? ma 'ndove? ar clubbe? ma chi e' stao a Chio'... je la dovemo fa' paga'.."

"None, no ar club... in autostrada.. era un tifoso come noi, un lazziale... nun fa' cosi' semo tutti uguali quanno un bastado cellerino te punta 'na pistola alla tempia e te brucia er cervello.... stasera e' guera je la dovemo fa' vede a tutti chi semo, nun ponno spara' manco a un merdoso lazziale, che' noi ULTRAS je mettemo a fero e foco la citta'..."

Smilzo e' perplesso, ma diggerisce l'informazione che un cellerino ha sparato, e pare pronto a partire.
E' ancora pisquo, pero', nun posso fa' affidamento pieno su de lui... lo manno cor gruppo meno convincente a fa' er picchetto sur ponte, che nun devono fa' passa' nisuno... lo smirzo se arza la sciarpetta fino a sotto l'occhi, se cala er cappuccio alle sopracciaglia, che je rimangheno fori solo l'occhi spiritati... me da' er cinque, e parte de corsa coll'artri.

E' ora che chiamo Macchia Nera e che lo tengo informato.
Poi me tocca da' er buon esempio, tanto stasera li cellerini se cacheno sotto, e nun reaggiscono...

SMILZO

So' le due de notte quanno rientro.
Puzzo de sudore, sigarette, cannabis, e de paura.
Mi padre e' in piedi, cia' er secondo turno de notte. Ma tanto ce lo so che sarebbe stato svejo lo stesso, e' sempre svejo quanno io sto' fori fino a tardi... anche se cerca de nun fassene accorge. Lo trovo in cucina, colla divisa da guardia giurata stirata perfetta, che da un uomo solo nemmeno te lo aspetti. E' uno preciso mi padre.
Me guarda e pare che aripija colore. "Aho.. ma hai sentito che macello... Roma e' a fero e foco, stasera... meno male che me tocca l'EUR, e' la prima vorta che so' contento de anna' a lavora' lontano... ma tu ndo sei stato fino a quest'ora..."
Nun cio' core de raccontaje la serata passata sotto la pioggia a imbrutti' a la gente drento a le machine. Come faccio a riccontaje li motorini che avemo buttato pe' tera, li cassonetti a foco e quella Vorvo che li' vicino s'e' appicciata come un furminante..."Ero da Sergio a copiamme l'appunti de scola che domani c'e' er compito in classe..."
Lo vedo che nun ce crede tanto, anche perche' so' entrato co le mano in saccoccia e senza uno straccio de fojo in tasca... sospira, se infila quer berretto che fa tanto carrubba, se sistema quella pistoletta che pare plastica che nun je servirebbe a gnente in caso de bisogno... si quarche jena l'aggredisse... me se avvicina, me fa una carezza... nun me ricordo l'urtima carezza de mi padre... me saluta, esce.
Me immaggino poraccio che faccia avrebbe fatto si abbitavamo ar Fleminghe e se fosse ritrovato la vecchia Duna bruciata come quella Smart che come una torcia illuminava la strada a giorno...
Me accenno una paja e me butto sur letto.
Nun so' perche' ma so' tanto stanco...

Avventura numero 31 -- Fiocco rosa... o quasi... --

Alle sei di mattina, mentre il sole faceva capoccella da dietro i palazzi del quartiere popolare che si estendeva grumoso sulla piana campestre attorno, Giovanni trovo' Francesco sul terrazzo dell'esclusiva clinica privata, gestita ovviamente da suore, dove aveva visto i natali la di lui primogenita.
Francesco, vestito di tutto punto manco fosse invitato ad un matrimonio - completo gessato grigio fumo di londra, scarpe church traforate a mano, cravatta regimental con nodo modello boing 747, camicia con colletto a triplo bottone su tre piani e polsini che si estendevano su per l'avambraccio fermati da due chicchere di Cartier - quasi non si accorse dell'arrivo dell'amico, immerso com'era in chissa' quali pensieri.
"Daje, frate', fumate na paja!" esordi' Giovanni, con il pacchetto di bionde da cui spuntava invitante il filtro di una Malboro 100s.
Francesco si riscosse parzialmente emergendo dal mondo immaginario in cui era precipitato, e con aria scocciata respinse l'offerta: "Ma che paja e paja, ce lo sai che nun ho mai fumato... sempre co' ste sigherette.. e nun fa' er porcile de cicche come er solito tuo, che qui er posto e' schicche e le sore se incazzeno.. e lo sai quanno se incazzeno le sore..."
"Iiiiiiiih, Gesugiuseppemariaerbuelasinellolapecoraelagnello, che sara' mai, pe' na cicca.... ma armeno, sta pupa, t'e' nata oppure se ne sta ancora al calduccio, eh!?!"

Francesco si sottrasse alla cortina fumogena che avvolgeva l'amico, e mestamente rispose: "E' nata, come no, e' nata ieri sera alle 7..."
"E daje! che ficata aho, mo' sei padre! Come ce se sente eh, come ce se sente... Daje, fumete na ciosba e ricconteme li pensieri piu' riconditi che ciai!" esplose festoso Giovanni.
"Innanzitutto sarebbe reconditi, non riconditi, mica so' facioli all'ucelletto, so' pensieri... e secondo poi, t'ho detto che nun fumo, nun ho mai fumato, figurete se cio' intenzione de comincia' adesso che a casa me vie' la pupa..."
"Eh vabbe' riconditi, sconditi.. come te pare... ma dimme come stai, che invece de fa' li sarti de gioia me pari come si te fusse morto er gattaccio... aho, ma nun e' che tu moje... la regazzina... oppercaritadeddiocheersignorecescampielliberidarpeccatosicuridaogniturbamento..."
"None, la madre e la fija stanno na' crema, dormeno tutt'e ddue..." lo tranquillizzo' Francesco, prima di cominciare a mostrare qualche crepa nel suo impenetrabile muro di riservatezza: "Loro stanno bene, te dico... e' er padre che... insomma.."
Giovanni si strinse all'amico con premurose attenzioni: "Ommannaggialipescettisenzaspinefantreettifantreettideverduraerdottoretelamisura, e che te senti? te gira un tantinello la capoccia? E' normale, si hai dormito poco, mo' lo sai che famo? Uscimo a pijasse un ber caffettino co' na bomba ar cioccolato, leggera e nutriente, e poi ce fumamo sopra na' bella sigheretta e vedrai...."
"E vedrai che me viene prima er cacarone e poi la broncopormonite, venissero a te, ar barista e a ste cazzo de sigherette.. none, nun cio' fame e nun vojo comincia' a fuma', vabbene..."
" Vabbene, vabbene, era un modo de di'.. ma che te pija, pare che te sei fumato un pacchetto de Camel senza filtro... nun te incazza' e' un modo de di' pure questo... insomma, invece de esse contento de sta regazzina, me pare che te rode er culo.."
"Nun me rode er culo... so' preoccupato... vedi' Giova'... e' da stamani che ce penso... ste regazzine de oggi... tutte a rifasse er naso pe' corpa de la cocaina..."
"Ossantoersignorediodelluniverso, cia' manco ventiquattr'ore sta regazzina e tu gia' pensi alla cocaina..."
"... lasseme fini' Giova'.... co' sti nasi rifatti, er culo rifatto, er seno rifatto... se imbucheno ne le discoteche dove fanno le selezzioni pe' fa' le Pupe e i Secchioni... poi mischiano er Pakistano cor Brandy... torneno a casa cor trucco che je cola...
Er giorno dopo a scola nun ce vanno.... se arzeno, magnano du' Muesli e aripartono pe' anna' chissaddove, armate de cellulari coi video girati in classe...."
"Fijo bello, er mondo e' un macello, ce lo so, ma santiddiochedallassucevedieceproteggi, crescera' sta regazzina, je darai l'educazzione mijore, ce impronterai er dialogo, la farai cresce dritta come un fuso..."
"si ma vedi, Giova', nun e' tanto tutto questo che me preoccupa.... so' le congiunture astrali..."
Giovanni cominciava a nun capirci piu' niente, per cui spense la sigaretta in un vaso di ortensie, senza pensarci ne accese subito un altra e per poco non cadde nella tentazione di offrirne una ancora a Francesco, che comunque ignoro' la mezza profferta, perso ormai nei suoi complicatissimi ragionamenti.
"Vedi Giova'.... ieri era l'anniversario de Paparelli... la Lazzio ha preso na scanizza assurda coll'Udinese.... io a fantacarcio so' stato arotato come un pedone in mezzo all'autostrada Roma Napoli alle tre de notte senza giacchetto giallo...."
"Embe'?!? Che cazzo centra questo co' tu fija?"
"Aspetta Giova'.... mettice pure che questa e' femminuccia, e nun cia' gnente de celeste intorno... tutto rosa, bianco, giallo, rosso..."
"Ariembe'? nun te seguo, France'... nun te seguo..."
"A Giova'... e si per caso me fosse nata na fija de la ROMA? Che me impara a di' "Totti" prima de "Babbo", che me se metta a ciuccia' er ditone davanti tutto er giorno... che me se metta a canta' " 'Oma 'Oma 'Oma " che obiettivamente "unaquilanercielo" e' piu' difficile... che mano mano che me cresce me riempie la stanzetta de foto de Cerci... che per compleanno me chiede er profumo Chanel... che me tappezza li davanzali e er pianale de la machina de millepiedi giallorossi... Oddio, Giova', che faccio si sta fija mia me viene della Roma, eh? Che faccio?"

Giovanni sbuffo' fuori un cerchio di fumo che gli avvolse la testa a mo' di aureola.
Poi, tiro' fuori il pacchetto di Marlboro, accese una sigaretta con il mozzicone di quella che stava ancora fumando, e fatti due tiri violenti per accertarsi che fosse accesa, la incastro' ben bene tra le labbra di Francesco.
Entrambi in silenzio si rivolsero verso la vallata, verso quel taglio di sole cosi' sfacciatamente accecante, cosi' arditamente giallo, e cosi' gagliardamente rosso, che fece loro male agli occhi.
E forse anche al cuore.

Dedicata alla nuova arrivata in casa C., Ilaria ... ma soprattutto, al di lei padre...

Avventura numero 30 -- Bamboccioni --






Jennifer torno' a casa che erano ormai le 8 di sera.
Dopo una estenuante maratona telefonica come operatrice outbound presso una societa' di telemarketing per la promozione di una nuova fantastica carta di debito internazionale, Jennifer desiderava soltanto mangiarsi un boccone per poi annichilirsi l'esistenza di fronte agli addominali di Coco sull'Isola dei Famosi.
Fu con sommo stupore prima e con massimo sgomento poi che, entrata nella sua cameretta ancora arredata con i mobili guarniti di api e orsacchiotti di quando era bambina, ma dalle pareti tempestate delle foto ose' di Ciavarro a torso nudo e Walter Nudo e basta, trovo' armadi e cassetti svuotati e un bel paio di Samsonite ad attenderla ai piedi del letto.

Ripresasi dal mezzo coccolone iniziale, decise di prendere il toro per le corna.

Toro che in questo caso aveva le sembianze di mamma Iole, marchigiana d'origine, casalinga per vocazione, juventina di nascita e la parannanza tatuata sulla tutona Robe di Kappa informe che indossava praticamente per 24 ore al giorno, tutti i giorni salvo la domenica e le feste comandate, quando una capatina in chiesa era d'obbligo.

Mamma Iole seguiva una nuova dieta strappata da un vecchio numero di Confidenze trafugato dal parrucchiere, ma evidentemente la fretta con cui aveva effettuato lo strappo aveva fatto si' che le grammature consigliate erano risultate monche di alcune delle cifre meno significative. Lei aveva comunque risolto a modo suo, aggiungendo zeri a destra a piacimento e secondo la propria inclinazione, ("tanto li zeri nun conteno gnente" soleva ripetersi), cosicche' i 50 grammi di pasta originali erano diventati senza batter ciglio 500, e analoga sorte era toccato ai grammi di pane, ai cucchiaini di olio, e cosi' via.
In ogni caso, Jennifer la trovo' a naso, intenta a scolare un mezzo chilo di rigatoni da ripassare in padella con la pajata ("leggerissima, nutriente e economica ma soprattutto tarmente bbona che coi rigatoni e' la morte sua", diceva sempre la madre).

"A ma', ma che succede, che ce risfrattano nantra vorta? no perche' mo' che c'eravamo sistemati tanto bene ne sto residence pe' abbusivi cosi' vicino alla metro, me ce roderebbe parecchio..."

Mamma Iole cerco' minuziosamente un angoletto della parannanza sufficientemente sgombro dall'untume generazionale per pulirsi le manone, preparo' le due generose porzioni di pasta, si sedette in tavola e comincio' a mangiare senza profferire verbo.

Jennifer era scombussolata forte, ma era stata educata a non interrompere mai la cena leggera della madre ("gia' me tocca sta a dieta, armeno fateme gusta' sti du' fili de pasta" era la frase che inibiva qualsiasi tentativo di stabilire uno straccio di comunicazione a tavola) per cui sedette e inizio' svogliatamente a giocherellare con il cibo.

Dopo aver ripulito il suo piatto, Iole guardo' la figlia con aria di disapprovazione, e senza batter ciglio si sottomise all'arduo destino di non veder andar sprecato tutto quel ben di Dio, per cui si sacrifico' spazzolando ben bene anche la porzione, praticamente intatta, di Jennifer.

Terminato il frettoloso ma pantagruelico pasto, Iole si accinse a dare la ferale notizia alla figlia...

"Jennina, nun ce sfratta nisuno. Sei tu che te ne vai..."

"Come me ne vado, mamma', ma che t'ho fatto... ce lo so che a casa nun t'aiuto tanto, ma tu lo vedi che razza de vita, tutto er giorno fori de casa pe' racimola' du' sordi, sempre coll'orecchio arintronato de parole gentili tipo 'lo sai ndo te la devi mette la carta de debbito?', quanno arivo a casa so' sfatta, ma'... si questa e' la questione, cerchero' de mijora', te lo prometto..."

Iole assunse un'aria comprensiva: "Core de mamma tua, a parte che so' anni che dici che mijori ma io ancora ariccorgo le mutanne tue ai piedi der lettino che nun te sei mai rifatta da sola... ma tu sei sempre mi fija e mamma tua te vole bene, e fino a che me mantengo in forma co' la dieta de Confidenze, aivoja a mutanne che posso raccoje... e' solo che ormai hanno fatto la legge e e' ora che te ne vai pe' conto tuo..."

"come hanno fatto la legge ma'? e che legge e', na legge che caccia la gente da casa e dall'affetti famijari senza motivo? E chi l'ha fatta, sta legge, Lotito che vole caccia' noi Irriducibbili dallo stadio?"

"None, gnente Lotito, quello sta a fa li sopralluoghi a Varmontone... E' er ministro Padoaschioppa che ha detto che a tutti sti regazzi che a 30 anni ancora stanno co' li genitori nun je fa bene continua' cosi', che resteno bamboccioni... allora vole elggifera' che ve da' 1000 euri all'anno se ve ne annate da casa e incominciate a favve la vita vostra invece de sta sempre intorcinati attorno alle gonne de mamma..."

Jennifer resto' per un attimo senza parole, poi inizio' a piangere sommessamente. Mamma Iole si alzo' dalla sedia, le si avvicino' e silenziosa le inizio' a carezzare il capo, come faceva da quando sua figlia era bambina: "Daje, Je', nun piagne, a me me dispiace che vai via e che resto sola, ma me dispiacerebbe de piu' che me diventi bambocciona..."

Jennifer ricaccio' indietro l'ultima lacrima, e con tutto l'orgoglio che aveva dentro replico': "A ma', ma che bambocciona, e' da quanno ho finito la terza media che lavoro da tutte le parti; ho fatto la barista, le pulizie, la babysitter, la bagarina allo stadio, er volantinaggio, la sciampista, la pedicure, er porta a porta... mo' cio' sto contratto a progetto pe' spigne ste cazzo de carte che gia' che se chiameno de debbito la gente scappa che de buffi ce ne ha a iosa.... ma tu hai capito che 1000 euri all'anno so' 90 euri ar mese che nun ce paghi manco er posto auto in garage? e a me ndo' me vorrebbe parcheggia', er ministro tuo, sotto ponte Duca D'Aosta che pure li' ce sta er racket de li polacchi che na' baracca de cartone a trovalla costa 200 euri ar mese? Fa na cosa, ma', dije a Padoaschioppa quello che me dicheno a me quanno li chiamo pe' spigneje la carta de debbito: che se la strisciasse in mezzo alle chiappe der culo..."
Travolta da cotanto sfogo, mamma Iole lascio' che la figlia si alzasse, sparecchiasse rapidamente la tavola e lavasse le stoviglie. Solo piu' tardi, mentre si coricava stancamente nel lettone a due piazze tristemente vuoto da tanti, troppi anni, si rese conto che era la prima volta che la figlia aveva fatto una faccenda domestica.
"Bambocciona de mamma...", penso'.
E si addormento' con sul volto dipinto un largo sorriso.

Avventura numero 29 -- Transumanza --


"Coccige, cumpa' che brutta cera che ciai!"
Sisto alzo' gli occhi dal boccale di birra mezzo vuoto e fisso' per un attimo Ubaldo senza quasi vederlo. Il locale, pomposamente chiamato "La Vacca Stracca" aveva la pretesa austerta' di un fumoso pub irlandese, anche se i poster della Ferilli colla maglietta di Totti rivelavano senza dubbio alcuno che ci si trovava in piena campagna Feroniana, alle porte di Roma.
Alle 9 di mattina, il posto brulicava di albanesi e rumeni intenti nel loro breakfast a base di birra e panini con la pancetta arrotolata, e di qualche avventore locale che in barba alle correnti normative antifumo nei locali pubblici, si ristorava i polmoni con una bella nazionale senza filtro.
"Coccige, cumpa, che ce fai qui a st'ora... nun ciavevi da da' l'acqua ramata all'ulive?"

Finalmente Sisto mise stancamente a fuoco Ubaldo, prima di riposizionare gli occhi acquosi all'interno del boccale di birra, dentro al quale rituffo' il naso e dal quale riemerse solo quando nello stesso non era rimasto che un leggero velo di schiuma.

Sisto si puli' egregiamente il barbozzo con la manica della giacca stazzonata, e replico' stancamente al suo interlocutore, che intanto aveva ordinato il drink della casa, "Lu Bicchiere 'nfocato", strano miscuglio di birra, ginger, aperol e peperoncino: "A Uba', oggi lasseme perde che nun c'e' trippa pe' gatti... mo' se te piace se scolamo na birozza in santa pace, senza parla' de campagna, de bestie, de lavoro, e poi scappo che devo d'anna' a fa' un sopralluogo a Varmontone.."

"Ihhhhh, cumpa', e che t'e' successo mai... t'hanno licenziato da lu lavuru? Nun te preoccupa', che pe' i mezzi parendi c'e' sempre posto nell'azzienna de famija, pe' fortuna li cristiani crepano sempre e un bon cassamortaro ce fa sempre commodo... puro si tu' sei muratore, er mestiere te lo 'mpari facile, e tutto se risorve.... come dice er motto de famija "Mori che ridi che si piagni tanto mori uguale!"

"None, ma che licenziato e licenziato... magara lu padrone me licenziasse, che de sto lavoro che pare che se pijamo io nun vorrebbi sape' gnende..."
"Ma perche', che lavoro ha preso issu? La costruzzione de lu novu cambusanto dietro a le Ferciare?"
"Aho, ma tu sembre a li morti pensi... magara, fusse lu campusantu, magara... e' molto peggio, molto, molto peggio..."

Ubaldo a questo punto era davvero incuriosito, cosi' ordino' pure un boccale di birra per il suo triste amico (peraltro mezzo parente, perche' nipote della sorella della cognata della moje), e torno' all'attacco:" Mo' peggiu de lu campusantu a le Ferciare... coccige, cumpa', e che sara' mai, un'antra aggenzia de cassamortari? Nun me di' che ne costruiscono n'antra, che co sta concorrenza ormai li morti tocca accaparrasseli da vivi... penza che io vojo fa' una promozione speciale: la cassa da morto in nuda proprieta'... si la compri oggi, la paghi meno de quanno sei morto, e piu' sei giovane e meno la paghi..."

Sisto trangugio' la birra quasi per intero, sollevo' gil occhi ormai arrosati con aria irosa, e sbotto': " ma che gnuda proprieta' e camposanti e pompe funebri... e' no stadio, pare', e' no' stadio novo novo".
"Fresca, lo stadio... e che ce deveno da fa' a Varmontone co' lo stadio novo... nun giocano in Promozzione? Ciavranno si e no' ducento sciamannati pe' vede le partite de lu Valmontone.."

"E 'nfatti nun e' pe lu Valmontone, lu stadio... ma nun li leggi li giornali, pare'? E' pe' la Lazzio..."
Una boccata di acido, solo in parte dovuta a "Lu Bicchiere 'nfocato", roteo' votricosamente lungo la laringe di ubaldo, che non credeva alle proprie orecchie: "La Lazzio? Ma tu dichi popo la Lazzio quella de la serie A, quella che gioca la Coppa de li Cambioni, quella de Chinaglia Maestrelli Piola Gascoigne Nedved Casiraghi Peruzzi Pandev Rocchi Oddo Nesta RubenSosa ErCileno Reccecconi Wilson Pulici..."
..." e di tutti li mejo mortacci che porti a lu campusantu, sine, la Lazzio, popo la Lazzio, a Uba'... pare che Lotito ce vo' costrui' lu stadio novo a Varmontone, e siccome lu padrone mio ce sta ammanicato che lo conosce tramite quello de RadioRadio, inzomma dovemo anna' a fa' nu sopralluogo vicino a lu casello dell'autostrada, indove fanno li fochi d'artificio.."

"Coccige, cumpa', ma questa e' na notizzia bomba... ma te pare che se fanno le partite de la Lazzio a Valmontone, quanti sordi gireno da quelle parti..."

A sentire il pragmatismo dell'amico, Sisto esplose: "Sordi? E tu davanti a cent'anni e piu' de gloriosa storia lazziale me parli de sordi? E quanno ce pijera' per culo tutto lo stivale perche' semo annati a gioca' indove pascemo le pecore, che fai conti i sordi? Ma te renni conto che figura demmerda a livello internazzionale, le risate de li cuggini che invece der gajardetto ce chiederanno na forma de cacio, che 'nvece de esse quotati alla borza de Milano ce quoteranno ar Varmontone Outlette, e quanno andremo in trasferta ce diranno che famo la transumanza... tu si' peggio de issu, de stu cazzu de Lotito che ce vo' fa' diventa' burini pure si ner sangue semo de nobbili origgini.. e me ne frego si lu padrone mio costruisce lu stadio a Varmontone e si anche ce stesse da guadambia' na fortuna, io l'onore de la Lazzio mia nun ce la scambierei manco pe' tutto l'oro der monno".
Sbattendo il bicchiere sul tavolo, Sisto si alzo di scatto e lascio' il locale sotto lo sguardo ignaro di quasi tutti i presenti, che in quanto tutti extracomunitari, non avevano capito nulla del suo sproloquio.
Ubaldo fini' con calma il suo drink, ne ordino' un altro, poi tiro' fuori un bloc notes e un mozzicone di matita, e comincio' a fare improbabili calcoli su quanto gli avrebbe reso trasferire la sua ditta di lapidi e casse da morto in prossimita' del nuovo stadio biancoceleste, dove era certo avrebbe avuto un ritorno economico fantastico. Gli venne in mente pure una nuova promozione: chi avesse comprato una cassa "Forza Lazio", avrebbe ricevuto in omaggio l'abbonamento alla Curva Nord. A vita.

Avventura numero 28 -- Annunciazione --





Il Consiglio Intergalattico dei Grandi Vecchi si apri' in pompa magna.
Gli Sconcerts, strani animali a collo alto che costituivano di fatto la Tribuna Stampa dell'Evento, avevano collegato i loro pseudopodi ai terminali di registrazione: mediante esse ogni singolo dettaglio delle Decisioni del Consiglio sarebbero state sparate letteralmente ai quattro angoli della Galassia, codificate nei vari idiomi e linguaggi delle innumerevoli Razze senzienti, dai Kakoni del pianeta Hristo con il loro fonema in endecasillabi storpi alle razze aracnomorfe dei pianeti della Fascia di Kapitan, il cui alfabeto era una sequenza costante di spruzzi di saliva ad alto contenuto alcolico.
Si stimava che quanto il Grande Vecchio, Sua Magnificenza Don Adons del pianeta Azur, avrebbe declamato in apertura del Consiglio, sarebbe stato ascoltato, percepito, immagazzinato, scritto e applaudito, da circa sedici milioni di triliardi di individui, appartenenti alle innumerevoli razze senzienti della Federazione InterGalattica Celeste (FIGC).
Non appena i cinque soli di Cover Ciano, il pianeta rosso scelto come sede dell'evento in quando al centro della Galassia e come tale anche residenza del Consiglio Intergalattico, si furono allineati a formare il simbolo di Olimpia, il fragore dell' Inno di Mam Eli, suonato all'unisono dalle protuberanze infiorescenti dei Maestri Cantori del Pianeta Nabuc invase l'ampia vallata fronteggiante il Palazzo del Consiglio. Piu' di due milioni di umanoidi, quadrupedi, rettili, anfibi, insetti e pesci, in rappresentanza dei Pianeti della FIGC, esplosero il loro entusiasmo, in un tripudio di fischi, latrati, bestemmie e cacofonie prodotte dai piu' inaspettati orifizi.
Quando pero' il Vecchio Don Adons apparve in cima alla Scala del Palazzo, circondato dalle vesti multicolori delle Vergini PonPon del Pianeta Elkan, l'atmosfera raggelo' in un silenzio innaturale e denso di attesa.
Il Gran Ciambellano Gal Ian percosse il terreno con la Sacra Nerk, simbolo universale di fecondita', e tutti gli astanti appoggiarono a terra l'equivalente delle chiappe umanoidi di cui erano dotati, mentre in tutta la FIGC gli indici di ascolto polverizzavano tutti i record mai stabiliti in passato, compreso quello, che resisteva da millenni, che aveva visto sintonizzarsi sul capolavoro cinematografico "Jenna Alla Conquista Di Marte" quasi la meta' della popolazione della FIGC.
Fu allora che Don Adons prese la parola, pronunciando le fatidiche parole "HERME JO JOKAT ORE DERMO NNOSE KI AMAFRA NCES COTOTTI" .

Ed ebbe inizio la Festa.

[Dalle "Cronache Della SerieA, Primo Libro, Capitolo V - "La Genesi"]

Avventura numero 27 -- Virus dei nostri tempi --

Er fancazzismo e' una sorta de virus che te piomba nell'anima all'improvviso.
Li sintomi piu' evidenti sono: sbadiglio pecoreccio, aria stralunata, capello "un attimino" sconvolto, barba incolta, scarpe slacciate, patta aperta.
L'ecosistema dove vive er fancazzista e' abbastanza tipico, a quarsiasi latitudine er fancazzista si trovi: aria malsana, posaceneri traboccanti, cocce de bruscolini dappertutto, porvere che pare polistirolo espanso su tutta la mobilia, armeno 5 sacchi de monnezza maleodorante buttati sur barcone, macchina-deposito con immancabile "Lavami, zozzone!" scritto sur lunotto posteriore da un Esaurito che indossava guanti de lattice per non lasciare impronte digitali.
Er Fancazzista lavora tipicamente in un Ministero, o in un posto tarmente grande da consentire ar Fancazzista de mimetizzasse facirmente con l'ambiente circostante.
Piu' raramente, er Fancazzista lavora in proprio, e se lo fa, allora vor di' che se po' permette de nun guadambia' una ceppa per tutto er periodo in cui er viruss e' attivo.
Er ceppo der virus der fancazzismo attecchisce benissimo cor clima caldo, e infatti le epidemie de fancazzismo piu' virulente se verificano ne li mesi estivi.
La vita sociale der fancazzista e' piuttosto particolare: o se ritira drento casa, in mutande (de solito sempre le stesse per tutto er ciclo de vita attivo der virusse) o anche a pendolo in bella mostra, oppure se riunisce con artra gente, ma solo se anche essa affetta dar virusse.
Er gruppo solitamente se riesce a formare solo se le abitazioni sono pressappoco contigue, perche' er fancazzista nun ce penza proprio a piglia' la macchina o peggio ancora li mezzi pubblici pe' passa' una serata in compagnia, piuttosto se mette in mutande o senza a fa' uno stanco zapping ner nulla del fancazzismo televisivo nazionale.
Er fancazzismo colpisce tutte la categorie sociali, senza alcuna distinzione de razza, sesso, eta'.
Puo' cosi' capitare, anzi, accade de sovente, de incontra' esemplari purissimi de fancazzisti alle poste, ar bare, in banca, alla stazione, insomma in tutti i posti che ponno esse pure deserti, ma er fancazzista te fa' fa la fila comunque.


Er nemico peggiore dei Fancazzisti e' l'Esaurito.


Se er Fancazzista e' solitamente de sesso maschile, anche se alcuni esemplari di sesso femminile sono davvero pregevoli, l'Esaurito e' tipicamente de sesso femminile.
Le due tipologie hanno sintomi diametralmente opposti, per cui e' abbastanza facile distingue tra due soggetti chi e' l'Esaurito e chi e' er Fancazzista.
L'Esaurito se lava li piedi tre vorte ar giorno, se trucca e/o se pettina pure quanno va a compra' le sigherette, riesce a crea' er panico drento casa per quante cose riesce a smucina' senza concludene manco una, c'ha un calendario de outlook che je manna avvisi ogni 5 minuti ma soprattutto cia' er chiodo fisso de anna' a rompe er cazzo ar Fancazzista.
Infatti Fancazzista e Esaurito tendono ad accoppiarsi, o per attrazzione sessuale oppure per congiunture astrali misteriose; in ogni caso, drento ad un ambiente chiuso, casa o ufficio che sia, non e' raro trovare sempre e comunque una coppia formata da un Esaurito e da un Fancazzista.
Er difetto peggiore dell'Esaurito e' che, nonostante se sprema tutto manco fosse un foruncolo, nun riesce mai a conclude un cazzo: infatti, la mejo cosa che je riesce e ' quella de cerca' de sprona' er Fancazzista a dare un senso alla sua esistenza biologico-molecolare nonche' intimo-personale.
Questo si scontra tipicamente con la massa inerziale generata dal virus fancazzista, come si evince da questo raro reperto documentale trascritto da riprese effettuate mediante telecamere nascoste in una casa in cui si trovava una coppia Fancazzista (maschio) - Esaurito (femmina):

E: "Allora, che famo, uscimo? Daje, vatte a da' na pettinata che me pari un porcospino... e poi cambiete quella camicia che er colletto ha fatto la crosta de sudiciume..."
F: "Ma che uscimo, so' le due de pomeriggio, fanno 40 gradi all'ombra, in giro nun ce sta nisuno, e poi so' stanco... e che cazzo me la cambio a fa' la camicia, mica dovemo anna' a un matrimonio, a Roma nun ce sta nessuno, arispambiamo de lavatrice..."
E: "Perche' allora nun scenni in giardino a lava' la machina che e' zozza come na pornodiva e nun ce se po' sta drento manco co' la maschera antigasse da quante sigherette ce fumi..."
F: "Ma guarda che le previsioni dicheno che tra due o tre settimane piove, che la lavo a fa', che poi se lava da sola..."
E: "Allora famo li conti der semestre che vojo vede si potemo taja' quarche spesa superflua, tipo er tuo abbonamento a Mediasette Premium pe' vede er pallone, l'Adsl pe' gioca' su Internet tutto er giorno, lo scuter che nun te cammina..."
F: "Ma li conti famoli co' la Finanziaria de settembre che magara er tesoretto ce lo ridanno sotto forma de servizi gratuiti, e se l'Adsl diventa aggratisse che famo, nun se la tenemo... e poi io mica gioco tutto er giorno... aspetta n'attimo, che me stanno a bombarda' a quer gioco online che ce lo sai che ce gioco poco, ma guarda tu che sfiga me stanno a bombarda' popo adesso, mo' te do' retta..." [... omissis...]

L'unica differenza sostanziale tra le due patologie, e' che mentre er fancazzismo e' a carattere prevalentemente transitorio e tende a scomparire con l'attenutarsi della stagione calda, seppur con qualche sporadica ricaduta nei fine settimana e durante le feste comandate, er virus dell'Esaurito e' praticamente una costante: na vorta che te lo becchi, nun te passa piu'.
Se dunque pe' fronteggia' un caso grave de fancazzismo in famiglia e' sufficiente armasse de santa pazzienza, ner caso in cui uno dei vostri familiari si riveli un Esaurito, nun ve resta che armavve de pistola.

Avventura numero 26 -- Il Super Cane --

"Favorisca documenti e patente!"

Mogio mogio, Giuseppe consegno' all'Appuntato Capretta quanto richiesto, e recito' mentalmente due Avemmarie e due Paternostri con gli occhi fissi alla statuina di Padre Pio che con aria sorridente abbracciava fraternamente quelle della moglie e delle figlie sul cruscotto della vecchia Duna color biscotto andato a male.

Dopo il rituale controllo, l'Appuntato Capretta torno' con aria burbera da Giuseppe, restituendogli i documenti e annunciandogli la ferale notizia: " Le faccio il verbale, non accenda la macchina e non scenda!"

Giuseppe accenno' ad una timida protesta: " Ma come il verbale, generale, che infrazione ho commesso, sto' a 60 all'ora sulla provinciale, non so' passato cor rosso, non ho sorpassato contromano... gnente ho fatto, genera'..."
"Ma che generale e generale, innanzitutto so' un semplice appuntato, e poi ce lo sa benissimo quello che ha fatto... e ringrazi Dio che nun la porto in questura, e che je faccio il minimo della multa prevista, ma solo perche' oggi e' il compleanno della signora Capretta, che poi sarebbe mia moglie..."
"E che avrei fatto, povero me, a commissa'... vado piano piano a lavora' alle 6 de mattina..."

L'Appuntato Capretta inizio' a perdere la pazienza: "E ce lo sai benissimo che hai fatto, che su sta strada ce stanno piu' telecammere che a cinecitta' e t'hanno pizzicato mentre, subito dopo er Tamoil, hai aperto la portiera e hai scaricato quella povera bestia pe' strada, e poi te ne sei annato... sei n'antro de quei fenomeni che prima se invaghiscono der cane, poi alla prima ciavatta smozzicata lo abbandonano pe' strada, irresponsabile che nun sei altro... quasi quasi te ce porto, in questura, se insisti a fa' er furbetto..."

Giuseppe assunse una strana aria comprensiva, appoggio' la mano sulla manica della divisa del suo interlocutore, e tento' di spiegarsi: "Ah, e' pe' Zebra... caro il mio tenente, ma quello altro che un abbandono de na povera bestia, e' stato un esorcismo.."

"Innanzitutto t'ho gia' detto che so' appuntato... e poi...un esorcismo abbandona' un cane pe' strada? Ma che me stai a prende in giro?"





"No, tene', ma che prendo in giro... me faccia spiega'.... vede, io so' un grandissimo tifoso de la Juve... a casa mia, in salotto, invece de quarche crosta o litografia, cio' le foto de un sacco de personaggi della grande juve, dai tempi de Sivori a Der Piero che da' da beve all'uccellini..."

L'Appuntato Capretta fece segno al suo compagno di pattuglia di tirar fuori l'etilometro, anche se era la prima volta che vedeva certi effetti del vino su un guidatore, e comincio' a pensare che Giuseppe avesse pippato la colla o altre sostanze allucinogene, ma Giuseppe non si diede per vinto: "Allora marescia'' deve sape' che 'sto cane cia' dei poteri paranormali, e' na specie de demone... sara' che abbitamo a Testaccio, ma sta bestia porta jella e io l'ho provato scientificamente..."

"Senti, ma ciai voja de scherza'..."

"No, ma che scherza'... tutto e' cominciato l'anno scorso... Zebra, che in salone non c'entrava mai perche' ce sta costante la puzza de ammoniaca che mi moje lava er pavimento de sto salone du' vorte ar giorno... insomma, questo entra, e la prima cosa che fa, da' na leccatina alla foto de Moggi.."

"Embe' che sara' mai, come ar solito, er cane sporca e voi nun lo portate fori perche' non ciavete tempo, e allora lo abbandonate in mezzo alla strada..."

"Ma che sporca e sporca, dotto', Zebra e' piu' educato de Eriksson... pensi che fa la cacca ar bagno e poi te porta er rotolo della carta iggienica in bocca pe' pulije er... vabe' ... insomma, lo vedo che da' sta leccata a la foto de Moggi e penso pure che sia un gesto de affetto, e je faccio na carezza a sto cane che me pare dimostra' amore juventino... e invece banfete, tempo du' giorni e me ingabbiano Moggi per Calciopoli..."

"Vabe', ma questa e' scaramanzia..."

"Ma che scaramanzia e scaramanzia, pure io li' per li' nun ciavevo fatto caso... ma er giorno dopo sto diavolo arientra in salone e me slinguazza Bettega e Giraudo... e aribanfete, me se ciucciano pure sti due..."

"Ma davero?"

"Si, e poi nun te va a da' na lavatina co' la saliva a la foto de Pessotto e quello se butta in meno de 24 ore da la finestra? e quanno fa' finta de da' la zampa a Lapo Ekan ecco che quello se lo bevono pe l'orgia co' li transessuali..."

L'Appuntato Capretta, che segretamente nascondeva un corno di 10 centimetri nelle mutande e che alla scaramanzia ci credeva eccome, medito' a fondo la questione e poi, inaspettatamente, liquido' Giuseppe con un laconico "Va bene, levate da torno che oggi e' il giorno tuo fortunato".

Non appena Giuseppe si fu dileguato all'orizzone, il rappresentante della Benemerita si fiondo' in macchina, parti' a razzo e sotto gli occhi sbigottiti del collega imbocco' la prima uscita, riprese la provinciale in direzione contraria e dopo 5 chilometri vide finalmente Zebra, con la lingua penzoloni, fermo al posto in cui l'ingrato Giuseppe lo aveva scaricato.

Senza profferir parola, l'appuntato ando' a prendere la povera bestia e la carico' in macchina.

Quando il suo collega gli domando' se intendeva portarlo al canile, si limito' a rispondere: "Ma che canile e canile, questo viene 'bbono... mo' lo porto a casa, stacco tutte le foto della Maggica e ce attacco quelle della Juve de quest'anno... hai visto mai...."

Avventura numero 25 -- Cli... M'Attizza...Tori--


Quando Silvana alzo' gli occhi e vide che il termometro in peltro che troneggiava sulla credenza del salone segnava i 35 gradi, si riebbe miracolosamente dal torpore post prandium.
Ormai allo stremo delle forze, agguanto' con la mano scivolosamente umidiccia il cordless e compose furiosamente il numero verde di una nota azienda romana che radiofonicamente le martellava i maroni ogni 30 minuti promuovendo climatizzatori da favola a prezzi da leggenda, comprensivi di iva, montaggio, trasporto e clamorosa radio galleggiante da piscina in omaggio alle prime 10 telefonate.
Miracolosamente, la cornetta le restitui' il tono di libero, ma l'entusiasmo per l'inaspettata fortuna crollo' subito al suolo quando a rispondere fu una simpatica vocina, con sottofondo distorto di "Il pullover", che si scusava ma tutti gli operatori erano momentaneamente occupati, minacciando poi di perdere per tutta la vita il diritto acquisito se si azzardava ad attaccare, e che era molto meglio se si piazzava la cornetta all'orecchio fissandola con il nastro isolante per poter comunicare con il primo essere umano disponibile.
Nonostante aborrisse le attese telefoniche, Silvana fece di necessita' virtu' e si predispose ad una attesa inevitabile.
Un po' il caldo, un po' il fatto che ritrovandosi da sola in casa si era potuta concedere una smutandata storica, com'e' e come non e', fu di fatto che tra una virtu' del pullover musicale e un ultimatum della voce preregistrata che le ricordava di non riagganciare, Silvana si ritrovo' a titillarsi oscenamente le parti intime, con movimenti sempre piu' frenetici, che si interrompevano solo per salire ad arzigogolare con i capezzoli ormai turgidi per poi riscendere, insistenti e ritmici, a lenire e stimolare il crescente piacere.
Fu cosi' che grondante di sudore e al limite del parossismo, Silvana rispose ansimante a Sono-Matteo-in-cosa-posso-servirla con un eroticissimo :"Non ce la faccio piu'..."
"La capisco signora, con il caldo che fa in questi giorni..."
"Ho disperatamente bisogno di qualcosa di grosso, di potente, perche' ormai non resisto ..."
"Ah capisco, magari un 12mila BTU in pompa di calore..."
"Si, una roba che pompi..."
"Dove glielo dobbiamo mettere signora, in camera da letto..."
"No, sono sul divano, in salone, sto impazzendo..."
"Va bene, abbiamo una truppa cammellata di ragazzoni in zona che potrebbero venire da lei anche in un'oretta diciamo..."
"Un'oretta, e chi resiste, qui bisogna venire subito, che sono tutta bagnata..."
"Si suda parecchio e' vero, ma con la funzione di deumidificazione vedra' che il sudore non sara' piu' un problema... va bene, cerchiamo di mandarle qualcuno al piu' presto possibile...."
"Si, dai, sbrigatevi che non ce la faccio piu'... me la montate subito, vero?"
"Si signora, e senza sporcare nulla, lavoriamo pulito nel massimo dell'igiene, che quando ce ne andiamo quasi non se ne accorge che ci siamo stati, se non per il benessere che le abbiamo finalmente portato in casa signora..."
"Si, Si, venite..."
"Allora, signora, per il prezzo, sono 1800 euri, capira', le offerte dei prezzi speciali sono terminate subito, sono rimasti solo pochi esemplari di gran marca, ma sono soldi ben spesi..."
Silvana raggiunse l'orgasmo con un ululato animalesco tanto che Matteo si spavento' davvero: "Signo', signo', ma state bene? Ch'e' successo...? Se e' per il prezzo, le veniamo incontro, insomma, capisco che la cifra non e' quella che lei si aspettava, ma un accordo lo troviamo, e' che poi lei ci chiama con urgenza..."
Scossa da un ultimo sussulto, Silvana riprese il controllo della situazione con incredibile prontezza... "Er Prezzo? Ah, si... ma come mai a Peruzzi a Totti a Bruno Conti je fate spenne 350 euri e a me me ne chiedete quasi 5 vorte tanti?"
"Come le dicevo signora, gli esemplari in offerta sono esauriti subito, non e' questione di Totti o di Peruzzi, e' che ci hanno azzerato le scorte in poche ore..."
Ancora scossa, Silvana cerco' di darsi un certo contegno, e, con voce impostata, tronco' corto: "Caro Lei, a queste condizioni ci devo pensare, altro che truppe cammellate, con 1800 euri me carzo tutti i Centocelle Nightmare messi insieme... voi ve approfittate degli attimi de debbolezza, ecco come funzionate voi... e poi oggi pe' fa le orge fa troppo caldo, magari ve richiamo a settembre, va bene? Arrivederci"
Matteo-in-cosa-posso-servirla osservo' attonito la cornetta per cinque minuti buoni, poi una occhiataccia della responsabile commerciale gli consiglio' di riattaccare per rispondere subito ad un altra, accaldatissima acquirente.

Avventura numero 24 -- Sole, calcio, sesso --

I piedi a mollo li' dove le leggere increspature del mare di Fregene andavano a infrangersi sull'arenile catramoso, Fabrizio si godeva lo spettacolo di una spiaggia libera che, gia' alle 9 di mattina di quella domenica di meta' giugno, si andava riempiendo di bagnanti.

Davanti ai suoi occhi, si cominciavano a distendere asciugamani dai mille colori e ombrelloni ricevuti in omaggio con la spesa al vicino triscount, mentre radioni da 500 watt rimandavano, in cacofonia stereofonica, le ultime hit della musica leggera e le solite pubblicita' delle aziende amiche di Ilario Ilario.

Su un lato dell'arenile, un gruppetto di adolescenti foruncolosi, tatuati e gaiamente rumorosi, avevano ingaggiato il classico 4 contro 4, portieri volanti, che tanto rallegrava i loro animi quanto rendeva piuttosto nervosi quanti avrebbero preferito usare quel lembo di spiaggia per piazzarci il tavolino pieghevole 30 posti con sedioline incorporate e sovrastante gazebo gonfiabile per lo spuntino di mezzodi' a base di Pajata e fagioli con le cotiche.

"Certo che e' veramente una vergogna eh?" Fabrizio sobbalzo' quando Federica, cinquantenne da sbarco che pareva uscita da un forno a microonde anziche' dal solarium sotto casa, occhiale griffato, criniera di un improbabile colore tendente al viola e topless depresso come le orecchie di un cocker, gli si affianco' sul bagnasciuga.
Cercando di fissare un punto qualsiasi e comunque lontanissimo dal capezzolo puntante al nadir della sua improvvisa interlocutrice, Fabrizio, che pur di vedere un po' di pallone sarebbe stato disposto a passare la domenica al Don Orione, cerco' di prenderla alla lontana.
"Mah, sono ragazzi pieni di energia, e' impossibile pretendere che stiano fermi... e' il loro modo di vivere questa gioventu' irrequieta dei nostri tempi".
Federica si aggiusto' languidamente il minuscolo triangolo verde iridescente che le copriva l'interno coscia, per poi ribadire: "E' una vergogna, altroche'... diciamocelo chiaro, mio caro signore, ai miei tempi tutta questa voglia di mettersi in mostra, di stare per strada, di chiassare la propria identita', non ce la potevamo mica permettere, eh... ognuno si teneva le proprie marachelle ben nascoste, e mica ne faceva uno spettacolo come al giorno d'oggi..."
Leggermente infastidito tanto dalla piega del discorso che dagli afrori provenienti dall'epidermide di Federica, un micidiale misto di olio abbronzante e profumo di marca, Fabrizio replico': "Mah, non mi pare che questi ragazzi siano particolarmente chiassosi, anche noi da ragazzini, che per strada non c'era il traffico indiavolato di questi giorni, eravamo sempre fuori, ci bastava un pallone e il tempo volava talmente veloce che spesso le mamme ci venivano a prendere per la collottola per riportarci a casa..."

"Pallone? Ma mio caro signore, io parlavo di questa carnevalata del Frocio Day, tutti 'sti mascheroni smignottati in giro per il centro a dichiarare che preferiscono fare a ingropparella tra di loro anziche' corteggiare e insidiare una fanciulla dell'altro sesso... " preciso' Federica, quasi stupita che il suo discorso non fosse stato immediatamente chiaro al suo compagno di pediluvio.

Fabrizio, chiarito il qui pro quo, ci penso' un po' su, poi rivolse lo sguardo ai protagonisti del calcetto, e domando' languidamente: " Certo che quello con la cresta da punk e la maglietta di Rocchi..."

"Mbe'?" si stupi' Federica "che cia' quello?"

"Be', cia' un certo stile, un buon controllo di palla... ma guardi che bella corsa... che movenze... che quadricipiti... e soprattutto, che culetto..."

Federica' sbianco', guardo' in tralice Fabrizio, poi sibilo' velenosa: "Aho, ma che fossi pure tu un pederasta invertito gaio e puro dell'altra sponda, ricchione frocio culorotto effeminato traditore der genere umano e senza Dio?"

"Ma veramente..."

"Ma vedi de annattene a fanculo, va, che me stai a fa' perde tempo!"
Mentre Federica si allontanava sculettando paurosamente alla ricerca di un vero macho da accalappiare, una splendida mora da copertina di Max, con uno stacco di coscia da svenimento e due ghiaccioli in mano, si avvicino' a Fabrizio civettuola, domandandogli con accento sudamericano da erezione immediata "Certu che non te poso lasiare un minutigno da solo che cerca subito di fare galleto con la segnora, eh..."

"Ma no, Veronique, che dici... parlavamo di calcio".

Fabrizio schiocco' un superbacio sulle labbra della affascinante compagna, prese il suo Calippo e abbracciandola, rimasero insieme per un momento a godersi il venticello mattutino.

Mentre il ragazzo con la cresta segnava uno straordinario goal in rovesciata che mandava pero' il pallone a infrangersi contro la pelata di un ignaro bagnante, Fabrizio sorrise pensando a cosa avrebbe detto Vittoria sapendo della sorpresa che c'era nelle mutandine di Veronique...

Avventura numero 23 --Il Battesimo di Chanel--

Al battesimo di Chanel, Don Roberto si vide presentare l'intera famiglia Maritozzi in tenuta da alta parata.

Il padre della infante, Maritozzi Gustavo, indossava un austero completo gessato grigio a righine bianche, scarpa Church traforata a mano e cravatta regimental doppio nodo dal volume spropositato a guarnire il collo taurino.
Nonostante la temperatura estiva di quei giorni di maggio, un vero record per l'Italia tutta ma soprattutto per la Capitale, sfoggiava un autentico basco giallorosso trapuntato di pins della rosa recente vincitrice della Coppa Italia.

Mamma Meneguzzi Irene, detta Mamma Panna (in Maritozzi) aveva costretto la figura una volta esile e ormai appesantita dagli anni, dai 3 parti e soprattutto da una strana dieta a base di merendine, in un tailleur grande firma di due taglie piu' piccolo, quasi fatto apposta per rendere ancora piu' generoso il decollete' quarta misura ingentilito da un sottile collier di oro bianco cui pendeva sgargiante un lupetto di platino della Roma del probabile peso di mezzo chilo, con un generoso rubino al posto dell'occhio sinistro.

I due gemelli, Ubaldo e Dario, inseparabili e indistinguibili a tutti, compresi i genitori, indossavano due completini stile piccolo Lord Fauntleroy con rigoroso pantaloncino al ginocchio, calza in filo di scozia bianca e incredibile paio di scarpini da calcio chiodati della Diadora, creati appositamente dallo sponsor per Totti in occasione della gara di andata della Maggica contro il Manchester United.

Don Roberto sospiro' sorvolando sulla nutrita e rumorosa schiera di parenti che gremivano i banchi a ridosso dell'altare, tacito' con un'occhiataccia il curvone che aveva timidamente accennato un coretto da stadio del tipo "ciucciate, ciucciate ciucciate er ditone, oh Chaneeeel ciucciate er ditone" e diede inizio alla funzione.

Il giovane prelato cerco' in rapida sequenza di ignorare Mamma Panna che, rivolta agli astanti, volgeva le pingui terga al tabernacolo e incitava il parentame alla hola durante la lettura del vecchio Testamento; allo stesso modo, fece finta di niente quando durante l'omelia fece una timida comparsa uno striscione su cui campeggiava la scritta "Chanel, prufumo di Champions", e ingollo' l'amaro calice anche quando, al rito liturgico dell'eucaristia, gli astanti tirarono fuori dai posti piu' impensabili delle voluminose e gocciolanti pagnottelle al prosciutto e melanzane sott'olio e generosi fiaschi di novello locale.

Ma quando chiamo' i Maritozzi al fonte per il sacro rito del battesimo, ebbe quasi un infarto vedendo la piccola Chanel indossare, anziche' la canonica vestina bianca, la maglietta numero dieci originale di Totti.

Ormai giunto al limite della sopportazione, immerse la brocca nelle sacre acque, fisso' alternativamente i coniugi Maritozzi negli occhi, e innaffio' abbondantemente il capo della piccina, pronunciando le fatidiche parole "Con l'acqua der Fontanone der Gianicolo, io ti battezzo Delia come l'allenatore che vi immerse le sacre membra al termine di un derby stradominato e stravinto, e te do' er benvenuto nella casa der Signore e pure in Curva Nord".

Poi chiuse la celebrazione con una rapidissima benedizione e si rifugio' di corsa in sacrestia, dalla quale usci' scortato dalla Polizia solo molte molte ore dopo.

Avventura numero 22 -- DICO --

Arminia arrivo' a casa, scaravento' le buste della spesa sul ripiano in formica della cucina, si tolse le scarpe con una sforbiciata degna di Leo Junior (ex funambolico calciatore brasiliano che milito' nel Pescara), poi si tuffo' alla Dida (vabbe', alla Buffon, va) sul divano di casa e con un sapiente tocco del dito indice, si sintonizzo' sulla sua soap preferita.

Che la giornata fosse strampalata Ugo lo capi' immediatamente quando, rientrato per pranzo dall'ufficio, constato' amaramente che non c'era niente da mangiare, e che la moglie non lo aveva degnato di uno straccio di saluto.

"Armi', cio' mezz'ora che poi devo rientra' al lavoro, non e' che ce sarebbe una cosuccia da scalda' al volo che oggi pomeriggio cio' er resoconto settimanale e non posso arriva' tardi..."

Arminia lo squadro' di sottecchi, poi con un gesto assai vistoso spense il vecchio televisore e modulando ad arte la voce esordi': "Io so' pe' i DICO". Ugo non era certo di aver capito bene, ma la moglie incalzo':"Io so' per i DICO, a Ugo... non cerca' de famme cambia' idea che sto giro non ce casco..."
Non che Ugo fosse una cima, ma le intenzioni bellicose della moglie erano evidenti quanto incomprensibili visto il contesto generale, per cui timidamente provo' a scoprire cosa si celasse di fronte a tanta sicumera e soprattutto, che cavolo c'entrasse il discorso con la sua pausa mensa, gia' decurtata di 5 minuti buoni.
"Armi', saro' un tantino stanco, ma io pure mica so' contrario, anzi... solo che se ce fosse che ne so, un wurstelino, un hamburgerino da fa' cotto e magnato, magara con un insalatina, io poi dovrei anna' al lavoro..."

"E nno', mio caro. Da magna' nun c'e' gnente e gnente ce sara' da oggi in poi. Perche' se noi semo una famija de fatto che nun te sei mai voluto sposa', mica e' corpa mia.... se voi magna', allora me devi da garanti' le stesse cose come se fossimo sposati, che se te pija na paralisi a me cor cassio che me danno l'accompagno... voi la moje? allora o me sposi, oppure aspettamo i DICO, e poi ne riparlamo!"

Ugo cerco' di calarsi dei panni del bravi maritino, e dissimulato il nervosismo montante per quieto vivere, tento' l'approccio soft alla questione.
"Armi', ma io che ce posso fa... mica sto al Governo, io... sti DICO li faranno, vedrai, ma ner frattempo anche na pasta ar burro me andrebbe bene... non so' mai stato uno co' tante pretese, io... solo che tra 20 minuti me passa er novettredici, e devo pure spera' che nun ce sta traffico sulla Trionfale... sii bbona, magara ce raggionamo stasera, sentimo er teleggiornale insieme e vedemo si se so' messi d'accordo..."
"None, io saro' tu moje de fatto, ma nisuno me lo riconosce, sto ruolo... anni de carzini bucati, mutanne sgommate, canotte intrise de sudore rappreso, montagne de piatti da lava' perche' te schifi delle stoviglie de carta... a me, chi me li riconosce? Nessuno? Allora basta, Arminia incrocia le braccia, e mo' vedemo come te metti..."

Ugo sbotto' di colpo: "E a me chi cazzo me li riconosce li trent'anni de mutuo pe' compra' la casa de tu nonna, le rate der minipimer, li pellegrinaggi da Padre Pio ar costo de un Vartur alle Maurizzie, li conti de la massaggiatrice e de la parrucchiera, le sedute anticellulite pagate quanto na tribbuna montemario pe' la Champions League, er televisore ar plasma da 42 pollici pe' vede Quanno se Ama, che io lo chiamerei "Ma quanno se tromba?" visto che lo famo si e no na vorta ar mese e solo si te rigalo l'abbonamento a Confidenze... eh? a me chi cazzo me li riconosce? Allora lo sai che famo? che da oggi la pizzetta der venerdi' sera te la compri ar supermercato, che io li sordi me li sciupo pe' anna' a vede er Milan a Atene, e che de Padre Pio te fai basta' er poster che hai appiccicato in cammera da letto che tutte le vorte che te tocco me vie' da famme er segno de la croce co' quer frate che me guarda allupato, che cio' pure paura che forieschi dar quadro e me se ingroppi da dietro..."

Paonazzo in volto, Ugo guardo' l'orologio, quasi sbianco' perche' era ormai certo che avrebbe perso l'autobus per tornare al lavoro, poi si precipito' fuori, sbattendo la porta.

Arminia rimase per un attimo interdetta, poi si rialzo' faticosamente dal divano, prese la parannanza, e si accinse a preparare la coda alla vaccinara per la cena.

Avventura numero 21 -- Don Giuseppe --

Quando, a 5 minuti dalla fine, il numero nove della squadra allievi del Capodimonte allungo' la mano malandrina in area di rigore e, in un nugolo di gambe, trovo' lo spiraglio per assestare una manata di giustezza al pallone infilandolo alle spalle del portiere del Marta, squadra locale, si scateno' il putiferio.

Il giovane arbitro, il viso costellato da acne giovanile e fisico da derviscio, non fece in tempo a convalidare il gol platealmente irregolare che il guardialinee di destra, tale Enrico detto Faciolo, avente solitamente mansioni di portaspugne dei locali, armato di rudimentale bandierina gialla, gli si catapulto' addosso tempestandolo ritmicamente di colpi sul cranio, mentre il guardialinee di sinistra, scelto salomonicamente tra gli accompagnatori della squadra ospite, si precipitava contro l'anziano allenatore dei martani, e iniziava a picchiarlo all'unisono con il collega di fascia opposta.

Intanto, in campo, si era scatenata la caccia all'uomo, ovvero all'autore del vile gesto, che alla faccia delle regole di fairplay, si era messo pure ad esultare vergognosamente, nonche' ad ostentare apposito dito medio della mano destra al pubblico che gremiva, in quel torrido pomeriggio di meta' aprile, gli scaloni del piccolo stadio.

Il piu' esagitato di tutti era Antonello, centravanti talentuoso (si diceva avesse fatto anche dei provini con alcune grandi societa' professionistiche del Nord) che cercava di centrare tanto di collo pieno destro che di interno sinistro - il suo piede migliore - una qualsiasi porzione del corpo dello sfuggente avversario, mentre i propri compagni iniziavano un solerte corpo a corpo con tutti i capodimontani, titolari e riserve, che capitavano loro a tiro.

La gazzarra avveniva proprio sotto gli occhi esterrefatti di Don Giuseppe, detto anche Quartino per la sua arcinota propensione ad eccedere nell'uso del vino anche nella Messa delle 6 di mattina.

Il parroco, nel vedere tutti quei ragazzi che l'indomani avrebbero vestito le cotte da chierichetti darsele di santa ragione, perse il consueto spirito da Don Abbondio, e scesi a due a due i gradoni della tribunetta, si precipito' anch'egli in campo, e comincio' a dividere i vari contendenti ottenendo anche discreti risultati, un po' perche' nessuno credeva ai propri occhi nel vedere il mite prete dannarsi l'anima come un ossesso per separare i litiganti, un po' perche' l'aspersorio che egli brandiva faceva un male cane quando sapientemente calato sui giovani crani.

In pochi minuti, il caos cesso', e Don Giuseppe si ritrovo' dinanzi l'autore del misfatto, che aveva smessa l'aria malandrina e si osservava attentamente la punta degli scarpini mentre lo sguardo truce di Don Giuseppe lo trafiggeva da parte a parte.

"Figliolo, 'sto giro l'hai fatta grossa... confessa il tuo peccato, e te la cavi con 20 Avemmarie e 20 Paternostri, e non ce se pensa piu', va bene?" lo apostrofo' Quartino severamente.

"Don Giuse' ma io facevo come Maradona, la mano de Dio..."

"Nun te azzarda' a nomina' er nome de Iddio invano che senno' te faccio veni' a fa' er chierichetto tutte le domeniche per un anno intero..." lo minaccio' il prete mentre con un colpo ben assestato di aspersorio riduceva a piu' miti pretese l'ardone con cui Faciolo pareva essere intenzionato a rimettere in azione la bandierina.

"Ma Don Giuse', se l'arbitro e' cecato mica e' corpa mia, io so' er centravanti e devo da mette la palla drento...." balbetto' il complevole con aria sempre piu' contrita...

Il prete avvicino' la bocca all'orecchio del centravanti, e sibilo': "E tu vergognate de approfittatte de li menomati, nun lo vedi che er ragazzo e' un minorato, tu lo devi da aiuta', che poi la su regazza la confesso io, e ce lo so io quello che je combina... e' un poro disgrazziato, dije che er go' e' irregolare e finimo sta partita che poi cio' er vespero..."

Per quanto sussurrate, le parole di Don Giuseppe giunsero alle orecchie dell'imberbe arbitro, che a quel punto si avvicino' al prete e al contrito centravanti, e prese sommessamente la parola: "Don Giuse', scusate, ma io cecato non so' per gnente, e poi che dite davanti a tutti, che cio' le corna... ma dite davero, don Giuse'? "

Il prelato pose una mano sulla spalla del giovane direttore di gara, e gli sussurro' paternalmente:" Caro ragazzo, io non lo so se sei cecato, ma solo il nostro Padre che e' nei cieli puo' sapere come hai fatto a non vedere che er pallone era stato messo in rete con la mano malandrina... io piu' che de chiede che fa Samantha in questo momento, me prenoterei na' bella visita dall'oculista, che sinno' non solo non vedi i goal irregolari, ma nun te accorgi manco de quello che combina la tu' regazza... fai er bravo fijo, fischia punizione per la difesa, porta a termine sta partita, e poi vatte a fa' vede da no' specialista... er resto, se sistema..."

La partita Marta - Capodimonte, categoria allievi, riprese con una punizione per la squadra di casa, e arrivo' al 90' senza alcuna azione di rilievo, chiudendosi sullo 0-0. L'unica cosa che i cronisti appuntarono sul proprio taccuino, e' che l'arbitro misteriosamente aveva pianto a dirotto per tutti i cinque minuti finali.

Avventura numero 20 -- Pennichella domenicale --

Il paese si stendeva placido e pigro rosolandosi al sole di una delle giornate di primavera piu' calde dell'ultimo millennio.

La pace domenicale, nell'ora tradizionalmente dedicata alla pennica, venne turbata da un fragoroso scoppio che fece sobbalzare prima la prominente pancia, e poi tutto il corpo di Oreste, che aveva appena trovato la giusta posizione sulla sdraio a due posti piazzata strategicamente al riparo ombroso di un gigantesco pino che godeva di una ottima esposizione trifacciale alla leggera brezza.

Oreste emerse a fatica dalla posizione orizzontale, dirigendosi spedito verso la rete divisoria che separava la sua villetta bifamiliare da quella del noto uomo politico locale che anni addietro aveva deciso di stabilirvi la propria residenza. Man mano che si avvicinava, una nuova serie di colpi gli trapano' i timpani, risvegliandolo del tutto dal sacro torpore e alimentando una sana follia omicida resa evidente dal tendersi del fascio di nervi che gli disegno' un graffio on relieve sul collo taurino.

Quando scosto' i rami di una begonia per scrutare nel confine vicino, Oreste strabuzzo' gli occhi vedendo che la causa di cotanto fracasso era il solitamente taciturno e quasi invisibile Arsen, un tuttofare rumeno che ovviamente privo di regolare contratto si occupava di tenere in ordine la vasta tenuta patronale.
Arsen imbracciava un fucile che aveva tutta l'aria di essere vero, e sparava con precisione ritmica verso un cespuglio poco lontano proeittili che sembravano altrettanto veri.

Oreste perse gran parte della sua baldanza, ma sorretto dal bisogno di godersi il meritato riposo domenicale, trovo' il coraggio di rivolgersi al rumeno confidando della pausa tra una scoppiettata e la susseguente...

"Arsen, ma che succede? Mi stavo facendo un riposino... Ma ti pare questa l'ora de tira' ai fagiani? Che poi siamo pure fuori dalla stagione di caccia..."

Arsen, sorpreso dall'interruzione, quasi si impallino' il piede, poi ripose l'archibugio appoggiandolo ad un vicino albero, e si fece dappresso alla recinzione.

"Arsen non spara fagiani, ma a fotografi"

"Come ai fotografi, Arsen, ma dove li hai visti sti' fotografi"

"E' tutto il giorno che girano attorno, e il padrone s'e' stufato e mi ha detto di mandare via loro, ma loro non andare, allora io sparare"

"Ma non ti pare un tantino esagerato, se ne becchi uno ti rimpatriano Arsen, ma chi te lo fa fare..."

"Padrone si incazza perche' lui in compagnia e quando in compagnia non vole foto che poi foto vanno a giornali e giornali scrivono cosa brutta e padrone non vole cosa brutta"

"Si capisco, ma pure il padrone, e' sposato, ha famiglia, ha figli, ma che compagnia si va a cercare, hai visto Berlusconi che per fare una festicciola lo hanno spacciato per un birbante sciupafemmine..."

Arsen si avvicino' alla rete e con fare furtivo a quel punto sussurro': "Qui niente femmine, padrone non interessa femmine... qui solo omi, grandi e grossi.."

Oreste strabuzzo' gli occhi e trattenne a stento una risata che spontanea gli sgorgava in gola al pensiero dell'enormita' che gli aveva appena confidato Arsen. Curioso come una comare al mercato, allora, cerco' di liberarsi del rumeno cercando di convincerlo a desistere dal proposito di sforacchiare qualche deretano con il rischio di ritrovarsi alla dogana in pochissime ore.

Arsen scrollo' le spalle e annui', poi si accomiato' dal vicino con un saluto incomprensibile, e si allontano' dalla rete divisoria.

Ormai Oreste era in piena fregola di scoprire quanto accadesse nella adiacente magione, per cui dimentico' la tanto agognata pennichella, corse in casa, si armo' di Nikon con zoom telescopico e comincio' a strisciare lungo la recinzione alla ricerca di un punto di osservazione che gli consentisse di spiare il tanto evidentemente poco onorevole vicino.

Giunto all'estremo limite della rete, si mimetizzo' improbabile dietro una Yucca gicantesca, e graffiandosi il volto con le foglie acuminate, inquadro' il retro della villa del suo vicino.

Lo zoom gli riporto' la surreale scena di un campo di calcetto improvvisato, con borse e altri oggetti a formare i pali di improbabili porte, sul quale, sotto il sole cocente, 10 assatanati stavano evidentemente giocando una partita tra amici.

Il suo famoso vicino, addobbato come un albero di natale - un completo originale della squadra del cuore, rigorosamente acetato - era evidentemente il piu' esagitato della compagnia, e correva sbracciandosi come Falcao e sventolando un riporto lunghissimo - di cui nessuno conosceva l'esistenza, perche' evidentemente mistificato da parrucchino - come la bandiera nazionale alle parate in piazza.

Tra il deluso e il divertito, Oreste stava per immortalare le sequenze piu' esilaranti, quando tra le maglie della rete fece capolino la doppietta di Arsen, dietro alla quale il rumeno aveva piu' le sembianze di Rambo che quelle del consueto, placido bracciante.

"Tu volere che io fare te dormire per sempre all'ombra di yucca?"

Nonostante la mole, Oreste schizzo' via come un fringuello e dopo pochi secondi era tornato a quattro di bastoni sulla sua sdraio, cercando di convincersi di aver fatto un brutto sogno, mentre lontano riprendevano, a intervalli regolari come i rintocchi della campana del paese, gli scoppi delle fucilate di Arsen.

Avventura numero 19 -- Numeri fortunati? --

Capezzolo si precipito' come una furia all'interno dello centro SNAI di Viale Tirreno, e li' ci trovo' come al solito Pirsing, che si stava giocando la consueta tripla ai cavalli.
Pirsing era amico di Capezzolo da una vita, e gli bastava uno sguardo per capire cosa passasse nella cervice crinuta del compagno di mille bevute; ma stavolta gli occhi di Capezzolo erano spiritati molto al di la' del tasso alcolico rilevabile, cosi' Pirsing si incuriosi' al punto da perdere di vista il monitor che gli rimandava la corsa del suo pupillo Gerovital, e avvicinarsi cauto all'agitatissimo amico.
"Compa', che te succede? Pare che hai ingoiato na lucertola viva".
"Altro che lucertola viva, sto giro e' tosta... mo' lasseme perde che devo a tutti costi becca' na martingala sull'Hockey finlandese, che tra 10 minuti me chiudeno le quote".
"Accitua, mo' pure l'hockey finlandese te giochi... e che ce capischi de hockhey finlandese, se non sei mai uscito da Montesacro manco pe' fa' er militare..."
"Nun ce capisco un cazzo, vabbe'? ma me lo devo gioca', che se non piglio sta giocata ar volo so' rovinato..."
"E gioca pure, ma mentre giochi, me spieghi come mai tutta st'acredine pe' er gioco, tu che si e no' metti du scudi sulla maggica quanno gioca in casa cor Messina, che poi manco vinchi..."
Capezzolo prese 50 euri dal marsupio, li porse al cassiere e trionfante riscosse la ricevuta di scommessa, poi senza dire una parola prese sottobraccio l'amico fidato e lo porto' nell'angolo piu' lontano del locale, prese due coke dal distributore automatico, e dopo una lunga sorsata, con regolare sbrodolata sulla felpa di colore indefinibile, guardo' fisso Pirsing con l'aria cospiratrice: "Ho sognato, a Pirsing... e nun l'avessi mai fatto!"
"E che te sei sognato, a Cape'? Li nummeri? Allora dovevi da gioca' ar lotto..." rispose allibito Pirsing, che gia' aveva capito l'andazzo e anelava a riposizionarsi davanti al monitor dell'ippica.
"E si che me so' sognato li nummeri... ma nun erano nummeri da gioca', era un nummero de cellulare..."
Giusto il tempo di sgargarozzarsi le ultime stille di cocacola, e Capezzolo, in pieno outing, prosegui' il suo racconto.
"Me so' svejato co' sti nummeri in testa, e nun so come, me so' girati in tondo fino a che nun ho arzato la cornetta e nun ho fatto er nummero. Me risponne na voce roca, tipo quella che fa' tu sorella quanno lavora al'144... e inzomma, nun sapevo che dije, ma alla fine comincio a biascica' du' parole.. questa invece de attaccamme er telefono in faccia e damme der maniaco, me comincia a da' corda, e inzomma tempo mezz'ora e se semo dati una punta ar Fungo pe conoscese..."
"Scommetto che era un cancello automatico come tu' cuggina" lo interruppe l'amico, gia' disinteressato dalle gesta erotiche del compare.
"Ma che cancello e cancello, era bbona come la matriciana de tu nonna... me se presenta tutta in tiro co' na minigonna ascellare e un toppe che ballonzolava come la capoccia de quei canetti che tu padre tiene sur pianale de la 128... me piglia sottobraccio come se se fossimo conosciuti da sempre, e me porta a magna' na pizza li' vicino, che nun so' manco che pizza ho preso..."
"Na pizza 'n faccia quanno jai messo le mano addosso!" ridacchio' Pirsing.
"Ma de che. Pago er conto, e me ritrovo arinturcinato drento a delle lenzola che nun so le mie, perche' queste ereno pulite de fresco, in mezzo a un troiaio de chiappe e de tette che pareveno mortiplicasse come li pani e li pesci..."
"Nun me di' che t'ha fatto arisuscita' pure Lazzero..." lo sfotte' Pirsing
"A Pirsing, nun e' er momento de scherza'... che qui e' cominciato er dramma"
"Come er dramma, a Cape'... te sei fatto na ricca pelle, nun me pare tanto male per uno che va avanti a zaganelle dar giorno che e' cascato er muro de Berlino!"
"E no, a Pi'... perche' er giorno dopo se semo rivisti, arisemo annati a piasse na sciocchezza ar bare, e poi aridanghete... e cosi' er giorno dopo, er giorno dopo ancora, e ancora, e inzomma so' 15 giorni che magno e trombo senza fermamme mai"
"E nun sei contento?"
"E no, Pirsinghe, nun so' contento manco pe' gnente, perche' co' sto sturbo sessuale nun me so' accorto de na cosa fondamentale..."
"E che, a Cape'...?"
"Che tutte ste magnate, ste pizzette, sti ristoranti, sti stuzzichini ar bare, li ho pagati tutti io, a Pirsinghe.... m'e' costata na fortuna, sta storia, e nun cio' piu' na lira manco pe' piagne... ecco perche', se sti finlandesi der cazzo nun fanno er dovere loro, me tocca venneme pure er letto de casa..."
Pirsing era ormai stufo, e non trovo' niente di meglio che dirgli: "Armeno nun sogni piu' nummeri de telefono, a Cape'..."
Non capi' mai la ragione per cui l'amico fraterno schizzo' via dal locale in preda ad una improvvisa crisi di pianto, mentre Gerovital tagliava il traguardo per ultimo e la favorita del match di hockey su ghiaccio finlandese concludeva il proprio incontro casalingo con una sonora, clamorosa, impronosticabile sconfitta.

Avventura numero 18 -- A commissa' --

"A commissa', allora come state
la pupa nuova ancora la allattate?"

"A marescia', non me ce fa' pensa'
è tanto che non dormo, ma che ce se pò fa'?
Piuttosto, pe' stasera, come butta?
Me raccomando, che l'aria pare brutta...
State in campana, non fate gesti strani
che a quelli basta poco pe' diventare cani..."

"E ce lo so, a volte mi sorprendo
me pare ieri che giocava cor nintendo
mi fio più grande de giorno fa' l'autista
ma er sabato e domenica se veste da teppista...
Se rasa tutto, se infila li stivali
pe anna' coll'artri in gruppo... me parono maiali!
Io non ce sto appresso a sta trasformazione
ma non le dico quanto me da' preoccupazione
è un fijo d'oro, studia' non ha voluto
ma come un principino l'ho cresciuto
cia' pure un posto d'oro e la regazza fissa
ma non ce sta una volta che nun fa qualche rissa
me ce vergogno pure e non sopporto
che manchi de rispetto alla divisa che porto"

"Dai, mo' non te angustia' so' cose da ragazzi
pe' undici campioni diventano un po' pazzi,
ma se tu l'hai educato come me dici tu
vedrai je passerà, e non ce pensa' più"

"Fateli entra' con calma e gentilezza
a volte più de un calcio può fare una carezza
attenti soprattutto a quelli che se ingruppano
bisogna perquisilli, che chissà cosa portano
e le regazze soprattutto, co quegli occhi belli
je guardi er culo e loro nascondono i coltelli"

"Va bene commissa', noi siamo preparati
speriamo che stasera se siano gemellati
se fumino na canna, grande quanto je piace
se gustino er pallone e se ne stiano in pace"

Il maresciallo salutò quel commissario stanco
si segnò il petto e corse dei suoi compagni al fianco
giù nella strada urlavan le sirene
delle volanti che scortavano le iene

Il commissario lo guardò con lo sguardo pensoso
le nari percepirono l'aroma disgustoso
dei fumi degli ultras e i cori di battaglia
la cacofonia marciante della solita marmaglia

Gli squillò il cellulare, oddio, mia moglie chiama
magari la bambina piange... rispose, ed una lama
vigliacca lo colpì alla schiena
che l'ultimo ricordo fu solo la sirena
che si faceva largo e il suo suono a coprire
il coro delle bestie, becero: "Devi morire"

Avventura numero 17 -- Storia d'amore --


Sarebbe cambiato qualcosa?

Sarebbe forse oggi più facile starti vicino sapendo prima quello che sei stata capace di fare, se solo me lo fossi aspettato?

Se non avessi creduto in te sempre, se non avessi voluto tenere gli occhi chiusi, se fossi riuscito a vedere oltre la cortina di fumo generata dalla mia stessa sigaretta?
Ne accendo un'altra e aspetto che il fumo mi bruci i polmoni, tossisco e riprendo la testa tra le mani.

Non posso fare a meno di pensarci, anche se tutto magari è successo tanto tempo fa e si sa che il tempo è galantuomo... ma quanto tempo è passato dalle risate di gioia, dai sogni speciali, dalle certezze, dalle speranze, dalle promesse... da quel non capire fino in fondo ma accettarlo con pazienza....

E ogni anno, al ritorno dalle vacanze, ricominciando quella gioiosa abitudine di condividere insieme tutto, il giornale la mattina, la televisione la sera, i lunghi viaggi e gli ancor più lunghi ritorni, lasciando faticosamente indietro gli ozi e le irrequitudini estive, sopendo le voci che si affollavano intorno e nella mia mente... tutto riprendeva il suo corso, con i suoi giorni gai e quelli più uggiosi, tra un caffè al bar e una cena fra amici, sempre con la mente, il cuore e gli occhi a cercarti in ogni momento.

Poi, quell'uomo venuto da non si sa dove, che ti prende per mano e ti guida nel gioco, perché è il suo mestiere, quello di far divertire la gente con il meglio che c'è, perché il suo sorriso è affascinante, e le sue parole hanno un suono diverso, perché te le dice che io sono lontano e non le posso ascoltare e non ti posso dire di tapparti le orecchie e non ti posso chiudere gli occhi per non lasciarti ipnotizzare perche io mi fido mi fido mi fido mi fido...

E a ripetermi e a sentirmi ripetere che non è possibile che mi sono immaginato tutto che dovrei continuarti a vederti algida e sincera e fedele e che tutto è come quando ti ho vista per la prima volta e ti ho scelto tra tante e ho visto in te quello che in altre non c'era perché eri diversa speciale unica e non avrei voluto altro che starti accanto e gioire e soffrire e lottare con te...

E ritrovarmi nella melma delle cose banali quelle che si sa che succedono anche nelle migliori famiglie, quelle che dovresti sempre prendere una scelta diversa una strada diversa una vita diversa un amore diverso o semplicemente, non amare piu...

Mi chiederai di dimenticare anzi di ricordare ma solo le gioie i sorrisi le belle giornate e il verde dei prati e il colore delle nuvole quando alzavo gli occhi al cielo a ringraziare per averti avuta per averti vista anche solo un istante... mi iluderai di nuovo che tutto è come prima perché la vita ti stritola e il giorno dopo ti devi alzare dal letto anche se hai le gambe pesanti e bisogno di dormire perché anche stanotte non ci ho dormito e invece c'è il lavoro la casa la scuola e allora alla fine ho bisogno di allungarmi sul divano in tua compagnia e farmi cullare dall'illusione che non è successo niente, che quell'uomo con la fossetta nel mento e il sorriso magnetico e la battuta sempre pronta, così diverso oddio così diverso da me perché io non potrò mai essere come lui anzi essere diverso da come sono, vissuto al ricordo dei valori di un tempo che non ha mai avuto tempo, e che non è mai stato il mio tempo, il tuo tempo.

E la rabbia mi assale e grido forte il dolore che mi squassa, mi squassa il petto, il cuore, i polmoni e le labbra si scottano perché il filtro di questa dannata ennesima sigaretta è bruciato inesorabilmente anestetizzato dal flusso di pensieri, ma è tempo di accenderne un altra, respirare il veleno a fondo, si fino in fondo, a cauterizzare il dolore, a chiedere alla rabbia di unirsi a lui e di uscire tossendo, violenta, improvvisa, inevitabile...

Altro che Vecchia Signora, sei solo una squallida, lurida, bagascia.

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