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Avventura numero 20 -- Pennichella domenicale --

Il paese si stendeva placido e pigro rosolandosi al sole di una delle giornate di primavera piu' calde dell'ultimo millennio.

La pace domenicale, nell'ora tradizionalmente dedicata alla pennica, venne turbata da un fragoroso scoppio che fece sobbalzare prima la prominente pancia, e poi tutto il corpo di Oreste, che aveva appena trovato la giusta posizione sulla sdraio a due posti piazzata strategicamente al riparo ombroso di un gigantesco pino che godeva di una ottima esposizione trifacciale alla leggera brezza.

Oreste emerse a fatica dalla posizione orizzontale, dirigendosi spedito verso la rete divisoria che separava la sua villetta bifamiliare da quella del noto uomo politico locale che anni addietro aveva deciso di stabilirvi la propria residenza. Man mano che si avvicinava, una nuova serie di colpi gli trapano' i timpani, risvegliandolo del tutto dal sacro torpore e alimentando una sana follia omicida resa evidente dal tendersi del fascio di nervi che gli disegno' un graffio on relieve sul collo taurino.

Quando scosto' i rami di una begonia per scrutare nel confine vicino, Oreste strabuzzo' gli occhi vedendo che la causa di cotanto fracasso era il solitamente taciturno e quasi invisibile Arsen, un tuttofare rumeno che ovviamente privo di regolare contratto si occupava di tenere in ordine la vasta tenuta patronale.
Arsen imbracciava un fucile che aveva tutta l'aria di essere vero, e sparava con precisione ritmica verso un cespuglio poco lontano proeittili che sembravano altrettanto veri.

Oreste perse gran parte della sua baldanza, ma sorretto dal bisogno di godersi il meritato riposo domenicale, trovo' il coraggio di rivolgersi al rumeno confidando della pausa tra una scoppiettata e la susseguente...

"Arsen, ma che succede? Mi stavo facendo un riposino... Ma ti pare questa l'ora de tira' ai fagiani? Che poi siamo pure fuori dalla stagione di caccia..."

Arsen, sorpreso dall'interruzione, quasi si impallino' il piede, poi ripose l'archibugio appoggiandolo ad un vicino albero, e si fece dappresso alla recinzione.

"Arsen non spara fagiani, ma a fotografi"

"Come ai fotografi, Arsen, ma dove li hai visti sti' fotografi"

"E' tutto il giorno che girano attorno, e il padrone s'e' stufato e mi ha detto di mandare via loro, ma loro non andare, allora io sparare"

"Ma non ti pare un tantino esagerato, se ne becchi uno ti rimpatriano Arsen, ma chi te lo fa fare..."

"Padrone si incazza perche' lui in compagnia e quando in compagnia non vole foto che poi foto vanno a giornali e giornali scrivono cosa brutta e padrone non vole cosa brutta"

"Si capisco, ma pure il padrone, e' sposato, ha famiglia, ha figli, ma che compagnia si va a cercare, hai visto Berlusconi che per fare una festicciola lo hanno spacciato per un birbante sciupafemmine..."

Arsen si avvicino' alla rete e con fare furtivo a quel punto sussurro': "Qui niente femmine, padrone non interessa femmine... qui solo omi, grandi e grossi.."

Oreste strabuzzo' gli occhi e trattenne a stento una risata che spontanea gli sgorgava in gola al pensiero dell'enormita' che gli aveva appena confidato Arsen. Curioso come una comare al mercato, allora, cerco' di liberarsi del rumeno cercando di convincerlo a desistere dal proposito di sforacchiare qualche deretano con il rischio di ritrovarsi alla dogana in pochissime ore.

Arsen scrollo' le spalle e annui', poi si accomiato' dal vicino con un saluto incomprensibile, e si allontano' dalla rete divisoria.

Ormai Oreste era in piena fregola di scoprire quanto accadesse nella adiacente magione, per cui dimentico' la tanto agognata pennichella, corse in casa, si armo' di Nikon con zoom telescopico e comincio' a strisciare lungo la recinzione alla ricerca di un punto di osservazione che gli consentisse di spiare il tanto evidentemente poco onorevole vicino.

Giunto all'estremo limite della rete, si mimetizzo' improbabile dietro una Yucca gicantesca, e graffiandosi il volto con le foglie acuminate, inquadro' il retro della villa del suo vicino.

Lo zoom gli riporto' la surreale scena di un campo di calcetto improvvisato, con borse e altri oggetti a formare i pali di improbabili porte, sul quale, sotto il sole cocente, 10 assatanati stavano evidentemente giocando una partita tra amici.

Il suo famoso vicino, addobbato come un albero di natale - un completo originale della squadra del cuore, rigorosamente acetato - era evidentemente il piu' esagitato della compagnia, e correva sbracciandosi come Falcao e sventolando un riporto lunghissimo - di cui nessuno conosceva l'esistenza, perche' evidentemente mistificato da parrucchino - come la bandiera nazionale alle parate in piazza.

Tra il deluso e il divertito, Oreste stava per immortalare le sequenze piu' esilaranti, quando tra le maglie della rete fece capolino la doppietta di Arsen, dietro alla quale il rumeno aveva piu' le sembianze di Rambo che quelle del consueto, placido bracciante.

"Tu volere che io fare te dormire per sempre all'ombra di yucca?"

Nonostante la mole, Oreste schizzo' via come un fringuello e dopo pochi secondi era tornato a quattro di bastoni sulla sua sdraio, cercando di convincersi di aver fatto un brutto sogno, mentre lontano riprendevano, a intervalli regolari come i rintocchi della campana del paese, gli scoppi delle fucilate di Arsen.

Avventura numero 19 -- Numeri fortunati? --

Capezzolo si precipito' come una furia all'interno dello centro SNAI di Viale Tirreno, e li' ci trovo' come al solito Pirsing, che si stava giocando la consueta tripla ai cavalli.
Pirsing era amico di Capezzolo da una vita, e gli bastava uno sguardo per capire cosa passasse nella cervice crinuta del compagno di mille bevute; ma stavolta gli occhi di Capezzolo erano spiritati molto al di la' del tasso alcolico rilevabile, cosi' Pirsing si incuriosi' al punto da perdere di vista il monitor che gli rimandava la corsa del suo pupillo Gerovital, e avvicinarsi cauto all'agitatissimo amico.
"Compa', che te succede? Pare che hai ingoiato na lucertola viva".
"Altro che lucertola viva, sto giro e' tosta... mo' lasseme perde che devo a tutti costi becca' na martingala sull'Hockey finlandese, che tra 10 minuti me chiudeno le quote".
"Accitua, mo' pure l'hockey finlandese te giochi... e che ce capischi de hockhey finlandese, se non sei mai uscito da Montesacro manco pe' fa' er militare..."
"Nun ce capisco un cazzo, vabbe'? ma me lo devo gioca', che se non piglio sta giocata ar volo so' rovinato..."
"E gioca pure, ma mentre giochi, me spieghi come mai tutta st'acredine pe' er gioco, tu che si e no' metti du scudi sulla maggica quanno gioca in casa cor Messina, che poi manco vinchi..."
Capezzolo prese 50 euri dal marsupio, li porse al cassiere e trionfante riscosse la ricevuta di scommessa, poi senza dire una parola prese sottobraccio l'amico fidato e lo porto' nell'angolo piu' lontano del locale, prese due coke dal distributore automatico, e dopo una lunga sorsata, con regolare sbrodolata sulla felpa di colore indefinibile, guardo' fisso Pirsing con l'aria cospiratrice: "Ho sognato, a Pirsing... e nun l'avessi mai fatto!"
"E che te sei sognato, a Cape'? Li nummeri? Allora dovevi da gioca' ar lotto..." rispose allibito Pirsing, che gia' aveva capito l'andazzo e anelava a riposizionarsi davanti al monitor dell'ippica.
"E si che me so' sognato li nummeri... ma nun erano nummeri da gioca', era un nummero de cellulare..."
Giusto il tempo di sgargarozzarsi le ultime stille di cocacola, e Capezzolo, in pieno outing, prosegui' il suo racconto.
"Me so' svejato co' sti nummeri in testa, e nun so come, me so' girati in tondo fino a che nun ho arzato la cornetta e nun ho fatto er nummero. Me risponne na voce roca, tipo quella che fa' tu sorella quanno lavora al'144... e inzomma, nun sapevo che dije, ma alla fine comincio a biascica' du' parole.. questa invece de attaccamme er telefono in faccia e damme der maniaco, me comincia a da' corda, e inzomma tempo mezz'ora e se semo dati una punta ar Fungo pe conoscese..."
"Scommetto che era un cancello automatico come tu' cuggina" lo interruppe l'amico, gia' disinteressato dalle gesta erotiche del compare.
"Ma che cancello e cancello, era bbona come la matriciana de tu nonna... me se presenta tutta in tiro co' na minigonna ascellare e un toppe che ballonzolava come la capoccia de quei canetti che tu padre tiene sur pianale de la 128... me piglia sottobraccio come se se fossimo conosciuti da sempre, e me porta a magna' na pizza li' vicino, che nun so' manco che pizza ho preso..."
"Na pizza 'n faccia quanno jai messo le mano addosso!" ridacchio' Pirsing.
"Ma de che. Pago er conto, e me ritrovo arinturcinato drento a delle lenzola che nun so le mie, perche' queste ereno pulite de fresco, in mezzo a un troiaio de chiappe e de tette che pareveno mortiplicasse come li pani e li pesci..."
"Nun me di' che t'ha fatto arisuscita' pure Lazzero..." lo sfotte' Pirsing
"A Pirsing, nun e' er momento de scherza'... che qui e' cominciato er dramma"
"Come er dramma, a Cape'... te sei fatto na ricca pelle, nun me pare tanto male per uno che va avanti a zaganelle dar giorno che e' cascato er muro de Berlino!"
"E no, a Pi'... perche' er giorno dopo se semo rivisti, arisemo annati a piasse na sciocchezza ar bare, e poi aridanghete... e cosi' er giorno dopo, er giorno dopo ancora, e ancora, e inzomma so' 15 giorni che magno e trombo senza fermamme mai"
"E nun sei contento?"
"E no, Pirsinghe, nun so' contento manco pe' gnente, perche' co' sto sturbo sessuale nun me so' accorto de na cosa fondamentale..."
"E che, a Cape'...?"
"Che tutte ste magnate, ste pizzette, sti ristoranti, sti stuzzichini ar bare, li ho pagati tutti io, a Pirsinghe.... m'e' costata na fortuna, sta storia, e nun cio' piu' na lira manco pe' piagne... ecco perche', se sti finlandesi der cazzo nun fanno er dovere loro, me tocca venneme pure er letto de casa..."
Pirsing era ormai stufo, e non trovo' niente di meglio che dirgli: "Armeno nun sogni piu' nummeri de telefono, a Cape'..."
Non capi' mai la ragione per cui l'amico fraterno schizzo' via dal locale in preda ad una improvvisa crisi di pianto, mentre Gerovital tagliava il traguardo per ultimo e la favorita del match di hockey su ghiaccio finlandese concludeva il proprio incontro casalingo con una sonora, clamorosa, impronosticabile sconfitta.

Avventura numero 18 -- A commissa' --

"A commissa', allora come state
la pupa nuova ancora la allattate?"

"A marescia', non me ce fa' pensa'
è tanto che non dormo, ma che ce se pò fa'?
Piuttosto, pe' stasera, come butta?
Me raccomando, che l'aria pare brutta...
State in campana, non fate gesti strani
che a quelli basta poco pe' diventare cani..."

"E ce lo so, a volte mi sorprendo
me pare ieri che giocava cor nintendo
mi fio più grande de giorno fa' l'autista
ma er sabato e domenica se veste da teppista...
Se rasa tutto, se infila li stivali
pe anna' coll'artri in gruppo... me parono maiali!
Io non ce sto appresso a sta trasformazione
ma non le dico quanto me da' preoccupazione
è un fijo d'oro, studia' non ha voluto
ma come un principino l'ho cresciuto
cia' pure un posto d'oro e la regazza fissa
ma non ce sta una volta che nun fa qualche rissa
me ce vergogno pure e non sopporto
che manchi de rispetto alla divisa che porto"

"Dai, mo' non te angustia' so' cose da ragazzi
pe' undici campioni diventano un po' pazzi,
ma se tu l'hai educato come me dici tu
vedrai je passerà, e non ce pensa' più"

"Fateli entra' con calma e gentilezza
a volte più de un calcio può fare una carezza
attenti soprattutto a quelli che se ingruppano
bisogna perquisilli, che chissà cosa portano
e le regazze soprattutto, co quegli occhi belli
je guardi er culo e loro nascondono i coltelli"

"Va bene commissa', noi siamo preparati
speriamo che stasera se siano gemellati
se fumino na canna, grande quanto je piace
se gustino er pallone e se ne stiano in pace"

Il maresciallo salutò quel commissario stanco
si segnò il petto e corse dei suoi compagni al fianco
giù nella strada urlavan le sirene
delle volanti che scortavano le iene

Il commissario lo guardò con lo sguardo pensoso
le nari percepirono l'aroma disgustoso
dei fumi degli ultras e i cori di battaglia
la cacofonia marciante della solita marmaglia

Gli squillò il cellulare, oddio, mia moglie chiama
magari la bambina piange... rispose, ed una lama
vigliacca lo colpì alla schiena
che l'ultimo ricordo fu solo la sirena
che si faceva largo e il suo suono a coprire
il coro delle bestie, becero: "Devi morire"

Avventura numero 17 -- Storia d'amore --


Sarebbe cambiato qualcosa?

Sarebbe forse oggi più facile starti vicino sapendo prima quello che sei stata capace di fare, se solo me lo fossi aspettato?

Se non avessi creduto in te sempre, se non avessi voluto tenere gli occhi chiusi, se fossi riuscito a vedere oltre la cortina di fumo generata dalla mia stessa sigaretta?
Ne accendo un'altra e aspetto che il fumo mi bruci i polmoni, tossisco e riprendo la testa tra le mani.

Non posso fare a meno di pensarci, anche se tutto magari è successo tanto tempo fa e si sa che il tempo è galantuomo... ma quanto tempo è passato dalle risate di gioia, dai sogni speciali, dalle certezze, dalle speranze, dalle promesse... da quel non capire fino in fondo ma accettarlo con pazienza....

E ogni anno, al ritorno dalle vacanze, ricominciando quella gioiosa abitudine di condividere insieme tutto, il giornale la mattina, la televisione la sera, i lunghi viaggi e gli ancor più lunghi ritorni, lasciando faticosamente indietro gli ozi e le irrequitudini estive, sopendo le voci che si affollavano intorno e nella mia mente... tutto riprendeva il suo corso, con i suoi giorni gai e quelli più uggiosi, tra un caffè al bar e una cena fra amici, sempre con la mente, il cuore e gli occhi a cercarti in ogni momento.

Poi, quell'uomo venuto da non si sa dove, che ti prende per mano e ti guida nel gioco, perché è il suo mestiere, quello di far divertire la gente con il meglio che c'è, perché il suo sorriso è affascinante, e le sue parole hanno un suono diverso, perché te le dice che io sono lontano e non le posso ascoltare e non ti posso dire di tapparti le orecchie e non ti posso chiudere gli occhi per non lasciarti ipnotizzare perche io mi fido mi fido mi fido mi fido...

E a ripetermi e a sentirmi ripetere che non è possibile che mi sono immaginato tutto che dovrei continuarti a vederti algida e sincera e fedele e che tutto è come quando ti ho vista per la prima volta e ti ho scelto tra tante e ho visto in te quello che in altre non c'era perché eri diversa speciale unica e non avrei voluto altro che starti accanto e gioire e soffrire e lottare con te...

E ritrovarmi nella melma delle cose banali quelle che si sa che succedono anche nelle migliori famiglie, quelle che dovresti sempre prendere una scelta diversa una strada diversa una vita diversa un amore diverso o semplicemente, non amare piu...

Mi chiederai di dimenticare anzi di ricordare ma solo le gioie i sorrisi le belle giornate e il verde dei prati e il colore delle nuvole quando alzavo gli occhi al cielo a ringraziare per averti avuta per averti vista anche solo un istante... mi iluderai di nuovo che tutto è come prima perché la vita ti stritola e il giorno dopo ti devi alzare dal letto anche se hai le gambe pesanti e bisogno di dormire perché anche stanotte non ci ho dormito e invece c'è il lavoro la casa la scuola e allora alla fine ho bisogno di allungarmi sul divano in tua compagnia e farmi cullare dall'illusione che non è successo niente, che quell'uomo con la fossetta nel mento e il sorriso magnetico e la battuta sempre pronta, così diverso oddio così diverso da me perché io non potrò mai essere come lui anzi essere diverso da come sono, vissuto al ricordo dei valori di un tempo che non ha mai avuto tempo, e che non è mai stato il mio tempo, il tuo tempo.

E la rabbia mi assale e grido forte il dolore che mi squassa, mi squassa il petto, il cuore, i polmoni e le labbra si scottano perché il filtro di questa dannata ennesima sigaretta è bruciato inesorabilmente anestetizzato dal flusso di pensieri, ma è tempo di accenderne un altra, respirare il veleno a fondo, si fino in fondo, a cauterizzare il dolore, a chiedere alla rabbia di unirsi a lui e di uscire tossendo, violenta, improvvisa, inevitabile...

Altro che Vecchia Signora, sei solo una squallida, lurida, bagascia.

Avventura numero 16 -- Il mondo intorno a te --

Drin Drin...

L: Pronto
B: Aho, ma tu sei sempre pronto, sei mejo de mi moje, lei è sempre in ritardo
L: Si vabbè che voi?
B: Per quella faccenda de "Marta"
L: Senti di a "Marta" che nun rompesse li cojoni, si pareggeno fa comodo a tutti..
B: Ma poi Maria chi lo sente
L: Maria sta' ndo sta' perchè ce l'ho messo io, poi è uno che mette tutti d'accordo, e siccome Paperone cia' altri cazzi per la testa, vedrai che nun succede gnente
B: Ma tu ce lo sai che nun è facile, li giornali metteno li voti a capoccia loro
L: Che ce vo', basta mette 4 che nun giocheno, tanto de mezze figure so' pieni tutti
B: E se SuperMag se incazza
L: Che cazzo ne sa quello, non cia' manco l'ADSL, tu di' a "Marta" de mette 4 scommesse
B: vabè
L: e senti pure er siculo, che se deve da' na regolata
B: vabè
L: e nun rompe più li cojoni a quest'ora che lo sai che cio' le pupe
B: Ciao
L: Ciao

Drin Drin...

C: Alo'
B: Se, eja eja alala'
C: Dimme che qui ogni scribacchino oggi è 'na prima firma
B: Dice che è mejo si metti er chitarrista, Pozzi, Bianchi e na ser'è Maggio...
C: ma che sei scemo, non vedeno manco la tribbuna
B: saranno cecati
C: me stai a cojona'?
B: none, l'ha detto lui, vedrai che "Marta" se adegua
C: e si nun se adegua?
B: se adegua, se adegua, sinno' famo in modo che nun scrive più'
C: beh, me dispiacerebbe, cia' un certo stile
B: tu metti quei quattro e vedrai che stile
C: vabè vado che dovemo raccoje la pubblicita'
B: che s'è rovesciato er cestino de li depliant
C: ma vaffanculo
B: hihii ciao
C: ciao

Drin Drin...

M: Si?
B: No!
M: Cazzo voi a quest'ora
B: cazzo vai a letto co' le galline
M: si, me piace l'animal, allora?
B: domenica metti l'ascolano e Simic, poi lassa fora Palermo
M: ma che sei scemo?
B: tranquillo che co' un pareggiotto galleggiate tutt'è ddue
M: ma sti cazzi, co' la Gazzetta de le Bucie che se scorda quelli che so' entrati non je la famo a controlla' tutto
B: tranquo, tanto er giornale lo legge solo Maria, je famo legge solo le pubblicita' dell'899
M: e superMag?
B: s'attacca hihihihi
M: hihihi so' magneti hihihi
B: hihihihihi
M: hahahahah
B: vabè, occhio alle ova
M: alle ova?
B: beh, sai, co' le galline
M: hhihihihi
B: hihihhii
M: vabè, ciao
B: ciao

Drin Drin...

G: Eccoci
SM: Ciao, presidè
G: Allora?
SM: l'hai fatti i conti
G: no, sto a aspetta' B. che me porta er giornale
SM: manco quelli de Marta e der Siculo
G: none
SM: me so' letto "I Cazzi Vostri", ma come mai pare che cianno un botto de assenti
G: boh, me sa che se so' rincojoniti
SM: Mannaggia, ma non è che se so' messi d'accordo pè pareggia'
G: ma che vai a pensa', è impossibbile, li conosco da na vita, se saranno rincojoniti
SM: che sfiga, aho
G: eggia', che sfiga
SM: allora aspetto che pubblichi sul sito
G: essi'
SM: vabè
G: me dispiace, nun te lo meriti de anna' giù
SM: enno'
G: anfatti
SM: co' sceva nun se dovrebbe
G: che cazzo de gioco
SM: sisisi
G: aho, vado che Criccri' s'è svejata e er latte è quasi fori
SM: vabè ciao
G: ciao

Ogni riferimento a fatti cose persone non è del tutto casuale. L e B sono inventati, mentre G è Geronimo "Maria", SM è Magda "Supermag", C è BMU/ Corleone il "siculo", e M è Atletico "Marta" Carlino. Paperone è F.R.E.C.C.O.
La partita è AC - BMU della 34a giornata, finita 2-2.
Per la cronaca, nessuno dei due ha schierato giocatori assenti, e il match si è disputato in reale correttezza (fanta) sportiva.
Ovviamente, nessuna delle precedenti telefonate è mai avvenuta nella realtà.

Avventura numero 15 -- La favoletta --

Una sera come tante, che c'è da mettere a letto le bimbe, ma Maria Laura vuole la mamma, mentre Beatrice vuole il babbo... così la mamma si siede sul lettino con Maria Laura, che si addormenta subito, mentre Beatrice vuole la storia del babbo, che così comincia a raccontare..."


C'era una volta, tanto tanto tanto tempo fa......... una famigliola felice che viveva in una piccola casetta vicino al bosco.

Tutto intorno alla casetta, i monti e le vallate erano sempre coperti di neve, e il vicino laghetto era sempre ghiacciato, tutti i giorni dell'anno.

La mamma si occupava della casa: la mattina si alzava presto presto, quando ancora il sole non era sorto, accendeva il caminetto e preparava un bel caffé. Poi si alzava il babbo, che faceva una bella colazione con il caffelatte caldo caldo e i biscotti al cioccolato, e poi si preparava per andare al lavoro.

Il babbo faceva il taglialegna nei boschi: si preparava ben bene mettendosi un cappottone pesante, una bella sciarpona di lana, il cappello e i guanti, per proteggersi dal grande freddo che c'era fuori. Poi prendeva l'ascia e usciva per andare a tagliare la legna nel bosco, senza prima aver dimenticato di salutare la mamma con un bacio.

La mamma, restata tutta sola dentro casa, iniziava il suo lavoro di renderla tutta bella pulita e splendente: lavava i pavimenti e i vetri delle finestre, rifaceva il lettone, e poi metteva un grosso pentolone sul fuoco del caminetto per preparare la cena al babbo.

Quando il babbo rientrava dal lavoro, che era già notte buia buia, la mamma gli faceva trovare un bel piatto caldo buono buono. Dopo la cena, babbo e mamma chiacchieravano un po', perché non avevano la televisione; poi il babbo prendeva gli attrezzi da falegname e cominciava a lavorare il legno: era bravissimo a costruire delle belle sedioline, dei tavolinetti, dei cavallucci a dondolo, e aveva un armadio tutto pieno dei bellissimi giocattoli di legno che costruiva con tanta pazienza.

Intanto la mamma rassettava la cucina e lavava i piatti poi, tutti e due tanto tanto stanchi, si mettevano sotto le coperte, riscaldate da una bella borsa dell'acqua calda, si davano un bacetto della buona notte e si mettevano a dormire.

Erano una famigliola tanto felice, però c'era un però: non avevano bambini.

Una sera allora la mamma disse al babbo: "Mi piacerebbe tanto avere una bambina piccola tanto bella e buona! Mi farebbe tanta compagnia quando tu stai al lavoro e mi potrebbe aiutare a fare le faccende!"

"La vorrei alta e con dei grandi occhi marroni, e la chiamerei Beatrice!", terminò la mamma con occhi imploranti."

A questo punto, Beatrice comincia ad avere le palpebre pesanti, e la storia del babbo, inventata sul momento di sana pianta, comincia a prendere una piega diversa, visto che l'unica che è rimasta ad ascoltare soltanto la mamma...

"Il babbo era un tipo di poche parole, ma di solito cercava sempre di far contenta la mamma, cosicché da quella sera, dopo aver lavorato un po' di pialla e un po' di sega, attendeva che la mamma finisse di lavare i piatti per infilarsi sotto le coperte con lei e, senza essersi nemmeno lavato i piedi, cominciava a fare nzunghete nzunghete.

Tutto finiva con il babbo che faceva "oohhhhhhhhhhh!" e la mamma che faceva "aaaahhhhh!", poi entrambi si mettevano a fare le ninne.

Il tempo passava, e l'inverno era sempre più freddo e il vento fischiava sempre forte forte, coprendo con il suo soffio gli "ooohhhhhhhh!" e gli "aaaahhh!" di babbo e mamma... ma nonostante tutto quello nzunghete nzunghete, la bambina tanto attesa non arrivava, e la mamma era sempre più triste, e il babbo sempre più stanco..."

Per fortuna, Beatrice ha raggiunto Maria Laura nel mondo dei sogni, e il suo leggero russare soffoca a malapena le risatine di mamma, che a questo punto vuole proprio vedere come va a finire...

Una sera il babbo tornò a casa, consumò la cena in maniera molto silenziosa, e anziché infilarsi sotto le pezze per il consueto nzunghete nzunghete, si recò al suo tavolino da lavoro, prese i suoi attrezzi, li lucidò ben bene, poi scelse un magnifico ciocco di acero e cominciò a lavorare di gran lena.

La mamma finì le incombenze serali, e andò a dormire, mentre il babbo non accennava a smettere di limare, piallare, segare e modellare.

Erano già le prime luci dell'alba quando il babbo, coperto di trucioli e segatura, ebbe terminato il suo capolavoro.

Ebbro di gioia, corse al letto a svegliare la moglie: "Svegliati, svegliati vieni a vedere!" La mamma, ancora insonnolita, inforcò le pantofole e si recò in salotto, e sgranò tanto d'occhi per la sorpresa:


"Un tavolo da biliardo?????"


Mi moje ancora ride...

Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia...

Avventura numero 14 -- L'uccello --

"Signo', scusi, che me potesse regge l'ucello?"

Svetlana, in fila al botteghino, un metro e ottanta di nordica bellezza che diventavano quasi due metri grazie a due assurde calzature con una zeppa da record, stava per liberare cinque dita laccatissime ma sempre cinque dita sulla faccia del buzzurro che, con tipico accento reatino, le aveva rivolto una simile profferta alle sue spalle; si girò inviperita, occhi di ghiaccio al di sopra di una provvidenziale sciarpetta giallorossa utile più per proteggere la pelle slavata e pallida dalla tagliente tramontana nordica che per ragioni di fede, e non trovandosi davanti nessuno, dovette chinare il capo per accorgersi che l'importuno burino non era altri che un soggetto più largo che lungo, ben al di sotto del metro e sessanta ma anche ben al di sopra dei 90 chili.

Con il volto rubizzo non si sa se per le sambuche consumate in numero copioso o per reazione al gelido vento del nord, Sandrone, detto Androne vista l'ampia circonferenza del ventre, la guardò con liquidi occhi porcini e bocca bisunta da pane e coppa, e con un gesto del capo le indicò il bellissimo merlo indiano che stazionava placido sulla sua spalla.

"A signo', se me regge l'uccello, cerco de piglia' i soldi pe' lu bijetto, che sinno' poi questi vanno de prescia e 'nvece de lu posto mejo me riserverebbero quarche angoletto de sguincio, che poi una cima io nin zo', e nu vedrebbi gnente..."

Non appena il pennuto fu trasferito sul titubante lunghissimo indice di Svetlana, l'animale lanciò un fischio lacerante e cominciò a cantare a squarciagola "Bella topona, apri le cosce, lascia passare le Brigate Giallorosse".

Svetlana sgranò tanto d'occhi, e li sgranò di più quando si rese conto che Androne, anziché essere imbarazzato, si era vieppiù gonfiato d'orgoglio a seguito della performance canora del proprio animale.

"Sentito signo'? St'ucello canta mejo de Pavarotti, cia' proprio lu sentimento... modestia a parte, je cio' 'nsegnato tutto lu repertorio de la curva, a st'ucello mio..."

Come a confermare le parole del padrone, il volatile lanciò un altro fischio e intonò gracchiante: "Ollelle', Ollalla', faccela vede', faccela tocca'".

"E poi, come direbbe lu mezzo parende mio che ce capisce co li computer, è puro sensibbile al contesto... a seconda de dove se trova, riesce sempre a canta' la canzone giusta..." incalzò Androne mentre ravanava pericolosamente nelle saccocce non si sa bene se alla ricerca del denaro per i biglietti o in un subdolo atto masturbatorio.

Nel frattempo, la fila si andava smaltendo, e Svetlana riuscì ad acquistare il proprio tagliando, mentre Androne, aveva finalmente smesso di smucinare e esibiva una banconota da 500 euri talmente bisunta da rafforzare l'ipotesi onanistica.

"Signo', passi puro le guardie, che a voi donne nun ve perquisischeno mica, poi appena passato er controllo ve levo l'incomodo dell'ucello..."

Svetlana effettivamente superò i controlli, e quando si girò per vedere che fine avesse fatto il rubizzo proprietario del merlo che adesso si era appollaiato placido e silente sulla sua spalla, vide Androne alle prese con un cellerino alquanto scrupoloso.

Fu allora che il merlo cominciò a urlare "Cellerino, figlio di puttana, Cellerino figlio di puttana!"

Subito Svetlana fu circondata da un nugolo di poliziotti, e mentre l'orda degli ultras giallorossi approfittava della distrazione delle forze dell'ordine per far passare coltelli, bottiglie, bombe molotov e alcuni chilogrammi di pakistano, la povera ragazza fu condotta al più vicino gabbiotto, le furono prese le generalità e, constatato che non era in regola con il permesso di soggiorno, fu tradotta, sempre con il merlo sulla spalla, verso il più vicino comando di Polizia.

Quando la sera stessa, al termine dell'incontro, Androne le si presentò davanti per reclamare il volatile, la poverina fu denunciata per percosse e molestia contro gli animali, mentre Androne veniva portato in rianimazione dopo aver rischiato di soffocare con il proprio merlo indiano ficcato giù per la gola.

Avventura numero 13 -- Il week-end del Cavaliere --

Eggia', me ce manca pure er decoupage...


Cio' due figlie che so' du' iene, durante la settimana chiamo alle 9 de mattina e nantro po' sveglio tutti, e a scola non ce se va...

Poi arriva er sabbato e la mattina alle 7 e mezzo arriveno de gran carriera pe' anna' a fa' collazzione ar bar.Miss Milady Maria Laura je piace la spremuta d'arancia, robba da siuri, e na collazzione me costa 5 euri e fischia.

Poi non te ne augura' che è uscita quarche robbetta delle WinX, una delle più grosse truffe a livello mondiale, che una roba che non ce fai gnente te parteno 6 euri e mezzo e via de corsa a casa che ce devono gioca', ma giusto 5 minuti...

Poi se metteno ar computer, dreggano e droppano alla straultra, ma non te ne augura' che te serve de manna' una mail, te ce vole la trielina pe' staccaje er culo dalla sedia.

E poi se deve colora' assieme, me so' messo a colora' i disegni pure io, poi se passa ar gioco dell'arfabbeto, poi ai mattoncini, poi alle costruzioni e quanno te pare che so' le 11 de sera te accorgi che non è manco ora de pranzo.

Ner frattempo mi moje disoccupata ovviamente lavora tutte le sere dopo le 18 e tutti i sabbato e domenica, quindi le fai magna' poi le anestetizzi con un cartone e cerchi de fa la formazzione mentre te chiedeno tutti i titoli che passeno de tom e gerri, alla fine toji la corrente sinno' se arincojonischeno e se passa alla storia coi pelusce, ieri ne anno tirati giu' circa 80 e indovina chi li ha rimessi su, poi arriva la madre che dice che non fai mai usci' er cane, le prepara per la festa de regazzini-terremoti e escheno, tu te sintonizzi su mediasetpremium che godi a pensa' de vedette er livorno e ecchete che quella piccola je fa male la panza dopo du' fiamminghe de pizzette e vole torna' a casa da babbo, cosìche poi je devi da fa' le carezzine sulla panza mentre Borriello maramaldeggia e baseggio baseggia fino a che torna quell'artra armata de palloncino che daje babbo giocamo e ogni tiro è no schiaffo alla lampada da tavolo che me paro peruzzi pe' nun fa' casca' gnente, mentre pezzi de telecomando voleno dappertutto e tu cerchi de segui' l'urtime evoluzzioni della specie dei gemelli filippini.

Pare che hai fatto e invece ce sta la cena e soprattutto er dopocena quanno alla fine vanno a letto e me predispongo pe' vede la Vecchia Signora ce credo che me piglia una sincope e svengo sur divano, e me sogno mi moje che smadonna perchè nun stamo mai insieme per poi accorgeme che nun era un sogno, così me svejo, biascico un bacetto bavoso e me vado a seppelli' sotto le lenzola con lo scaldaletto a palla che me sento un tost.

La domenica se riparte colla colazione antelucana e mi moje che decide che da domani viene la domestica, indi per cui occorre faje trova' tutto in ordine e splendente, il che me manna in puzza perchè nun capisco che cazzo verrebbe a fa' poi la domestica, forse pè damme er premio der casalingo dell'anno, ma insomma me carico 5 scatoloni de libbri che un giorno andranno ad abbellire la casa ar paese ma ner frattempo li mettemo a abbrutti' la taverna, altro cicchetto perkè er cane deve usci' pure se cia' 1300 metriquadri de giardino pè fasse li cazzi de le cacate sue, ner frattempo er computer novo comprato su ibei piotta con un giochetto de topolino e le regazzine litigheno perchè una gioca più dell'altra allora me metto a fa er cronometrista con la sveglia del cellulare e pare che funziona, se non fosse che rimette la sveja ogni 10 minuti è da mallati e la batteria se scarica comunque arrrivo stremato a pranzo dove lo scef ha preparato una succulenta fiamminga de affettati, l'ideale pe' chi sta a dieta, dopodichème devo guadambia' la pagnotta leggasi pomeriggio calcistico e fino alle 14 e 59 e 59 è tutto un tripudio de costruzzioni, pennarelli, lettere dell'arfabbeto, fino a che sale mi socero in pantofole che vole vede la lazzio e io riesco a mette tuttoercarciominutoperminuto mentre se scatena una mega festa de pupazzi de stoffa e me tocca stenne du' coperte sinno' Barbi e Aurora je viene er raffreddore, e mentre Liverani non ne piglia una me tocca annui' a mi socero che pare che ogni giocata è verbo divino e invece me verrebbe da dije che la lazzio so' na manica de pippe e non riesco a capi' se ha segnato sceva o gilardino che se permetti me cambia la domenica.

Incredibbile ma vero, la signora decide che le regazzine devono fa' na torta, e arrivo al 95' quasi tranquillo se non fosse che casa arièpiena de pedate de farina dappertutto e me tocca spojalle, lavalle e cambialle e da' pure na spazzata mentre la consorte decide che li panni da piega', la cena ad prepara' er cesso da puli' e li cazzi sua da mette a posto non basteno per far confusione e cosìdecide che è ora che lavora un po' ar compiuter che io lo vedo solo in fotografia e siccome lo avemo messo in salone e le prese der telefono stanno in camera da letto ce sta un filo lungo 25 metri che attraversa tutta casa e ogni vorta che Biancaneve e Cenerentola vanno de qua' e de la' a me me parte er disco "Attente ar filo" che non ne posso più manco io.

Ner marasma generale se decide che se cena a base de arrosto in salsa de arancio e margarina, che fa schifo proprio ma se je lo dici pare che te lamenti sempre, comunque non so' io l'unico stronzo visto che Cip e Ciop decidono che è molto meglio che il babbo je prepara latte e biscotti e non je posso da' torto tanto che je lo preparo con un certo sussiego ma intanto me tocca magnamme st'arrosto insipido e mentre sto a mastica' l'urtimo boccone Bambi e Tippete hanno finito e non vonno anna' a letto, ma vonno arigioca' coll'arfabbeto, solo che dopo che hai fatto la conta hai distribbuito le tessere e stai pèvince je passa pure la voja e ce credo ma che cazzo, na vorta che vincevo io, poi alla fine vanno a letto con la madre, e arriva di novo mi socero perchè in TV non ce sta un cazzo e allora gnente de mejo che piazzamme le pantofole nummero 48 a gufa' le gesta de Mancini e De Rossi.

Faccio appena in tempo a godemme l'inzuccata de Perrotta che sento venire trambusto dalla cameretta, penso che sia scoppiata la III guerra mondiale e invece è mi moje che s'è spazzientita perchè dopo 7 minuti le regazzine ancora vonno legge la storia de Madagascar, allora faccio er finto incrociando le dita e me offro de leggeje io la storia, ma se vede che cio' la faccia de Pluto quanno Topolino lo cazzia e le regazzine ripiegano su un salutare "Vojo mamma" che me consente de aripiomba' in salone a testa alta.

Al 45' mi socero capisce che se po' toje er vestito de carnevale da Gufo e annassene a dormi' tanto D'Agostino è stonato e nun se canteno stornelli, e finarmente cio' i primi 45 minuti pècazzi mia dell'intero fine settimana...

Peccato che è durato così poco.

Avventura numero 12 -- Ermete --

Ermete trovò Walter che frugava furiosamente nel cassonetto dell'immondizia che separava, a mò di punto di frontiera, il quartiere di altra estrazione sociale in cui Ermete era nato e che costituiva un piccolo feudo della sua secolare famiglia di nobili con tanto di palle sullo stemma, dal quartiere appena sorto sulle ceneri di un ex campo nomadi e nel quale avevano trovato rifugio diverse famiglie di piccolo ceto, delle quali Walter era senza dubbio un esponente di spicco.


Che la situazione fosse giunta, in breve tempo, alla temperatura critica, era un fatto ormai assodato, e quel cassonetto era diventato il simbolo della netta separazione di classe tra le due fazioni.

Ciononostante, la buona educazione e la innata curiosità empirica di Ermete ebbe il sopravvento quando, uscito per la consueta sgambata mattutina insieme a Djembe Du Galop Du Globe - una femmina di Yorkshire che sembrava soffrire enormemente il cappottino in vero Loden inglese e il fioccone rosso cardellino che era costretta a sfoggiare anche solo per espletare i propri bisognii fisiologici - vide spuntare due frenetiche gambe dal cassonetto, rivelatesi poi quelle di Walter quando questi, una scorza di pera a guarnire la pelata e macchie di origine organica sparse per tutta la canotta, emerse con aria furibonda dall'anomalo contenitore.

I due si fronteggiarono titubanti per qualche secondo, fino a quando Ermete ruppe l'imbarazzo e in puro stile Vecchia Inghilterra, si rivolse a Walter: "Oibò, mio illustre vicino, quale evento nefasto la costringe a siffatta immersione?"

Walter sgranò lo sguardo con aria inizialmente inebedita, elaborò la domanda con enorme sforzo neuronale, e poi si erse in tutta la magnificenza della sua panzetta postfestiva, sfoggiando una serie di patacche a mò di decorazioni militari, e replicò con aria austera: "Caro conte, lei me deve perdonà si me trova in questa situazzione imbarazzante, ma la questione è davvero delicata... una faccenna de famija, me capisce.... nun me sarei mai abbassato a tanto, si nun fosse una cosa così importante... prosegua pure nella sua promenata e faccia pure evacuà tranquilla la bestiola, che se Iddio vole cò nantro paro de immersioni la faccenna se risorve, e la mia persona se riadeguerà ad una immaggine più consona ar prestiggio der quartiere..."

"Perbacco, buon uomo, lei sollecita la mia curiosità anzichenò.. per quale ragione mai un gentiluomo si abbasserebbe a dover rovistare in messo a ciò che altri hanno destinato all'olezzo degli inceneritori?" incalzò Ermete, mentre la cagnolina, molto educatamente, lo guardava con occhi imploranti di portarla al più presto vicino alberello per poter liberare la nobile vescica canina.

Walter malcelò una certa irritazione per l'insistenza del suo interlocutore, e frenò a stento la voglia di mandarlo fragorosamente a quel paese, ma si trattenne per un senso di orgoglio e di appartenenza e guardò con insistenza il damerino che lo fronteggiava, cercando di darsi un certo contegno e replicando con faticosa affettazione: "Signor Conte, lei me deve perdonà se non entro in certi dettagli con una persona tanto distinta quanto lei, ma er tempo m'è tiranno, tra dieci minuti quei nobiluomini dell'AMNU passeno a svotà 'sto benedetto cassonetto, e nun ciò tanto tempo da perde si vojo ritrovà quello che inopinatamente c'è finito l'artra sera, quindi lei mi scuserà se me rituffo e manco tanto metaforicamente, nell'ardua ricerca de..."

Walter si interruppe appena in tempo, si morse la lingua concio di aver detto qualcosa di troppo, e cercò di abbozzare un saluto a metà tra un attenti militare e un cenno biricchino, e stava quasi per ributtarsi dentro il maleodorante contenitore, quando Ermete balzò in avanti e si mise a crocifisso davanti al cassonetto, e con aria risoluta apostrofò il povero Walter: "Ah, no, caro signore! Non le permetterò di degradare la sua persona e soprattutto l'immagine di un quartiere rispettabile! Mica siamo nelle favelas brasiliane, mio caro, qui siamo nella Capitale dell'Impero Romano, densa di storia e di leggenda, patria di imperatori, re, principi e cavalieri, di poeti e romanzieri, di eroi e condottieri... questo contenitore di rifiuti è un bene della comunità e non la sua piscina personale, e qualunque cosa esso contenga mai varrà l'onta di vederci frugare nelle sue immonde viscere... Orsù si dia un contegno, si reinnalzi al rango di essere umano, e rinunci a voler recuperare quanto distrattamente ad esso affidato... qualunque cosa essa sia, mai varrà il rispetto per se stesso e per il suo amor proprio!".

Walter stavolta, grugnì imbufalito e la sua voce diventò il sommesso sibilo di un serpente boa prima di scattare a prendere la vittima predestinata nelle sue fauci: "Se levi da davanti se non vole che je lego le palle nobbiliari ar collo... porti a piscià er cane prima che se gonfia come nà zampogna, e me lasci terminà er lavoro mio, che er tempo strigne e si stò 14 me finisce nell'inceneritore, giuro che je brucio casa..."

Ermete trasecolò e balbettò: "Perbacco, ma sta parlando per caso di quel 14 di cui parlano da ieri tutti i giornali, la vincita più grande degli ultimi 10 anni al Totocalcio, quello che sta scatenando la caccia al vincitore che nemmeno la Surete de Paris, la Criminalpol e l'FBI hanno messo mai in piedi, quello che ha rubato la prima pagina del Sole24Ore al caso Consorte, quello che..."

"Quello che sto cazzo, a conte, tra 5 minuti er cassonetto lo svoteno e er quattordici se ne va in cenere, li mortacci tua e de la mania de mi moje de fà le pulizzie de pasqua drento ar portafojo mio che dice che me fà er culo grosso cò tutti quei pezzi de carta e li bijetti da visita de li rappresentanti del la Folletto e le foto zozze ritajate da Pentaus...."

Quando il camion della nettezza urbana giunse puntuale al ritiro dei rifiuti, i netturbini non credettero ai loro occhi davanti alla scena di due paia di gambe - uno dei quali fasciato da un pantalone gessato di indubbio pregio e culminanti in un paio di Church inglesi dalle cuciture a mano - agitarsi dall'apertura del cassonetto, mentre un cagnolino peloso con il cappottino fradicio di piscio ansimava sotto il sole legato al vicino palo dela luce.

Avventura numero 11 -- L'arresto --

Jason afferrò Maurizio per il bavero della giacca, lo appiccicò letteralmente al muro e gli torse il braccio dietro la schiena.

"Maurizio Rocchi detto er Coppoletta, ti dichiaro in arresto per attività terroristica e tentata strage" e iniziò e declinargli i suoi diritti.

Er coppoletta, 164 centimetri per 90 chili mal distribuiti, faccia butterata incorniciata da sciarpetta d'ordinanza sovrastata da un anacronistico cappellino con visiera di velluto a coste larghe, che non si toglieva nemmeno ad Ostia, emise un grugnito di dolore, e a denti serrati chiese spiegazioni: "Aho, ma che sei matto, io nun ho fatto popo gnente, me stavo a rollà na cannetta pè uso strettamente personale nell'intervallo de la partita de la Maggica, ma chi cazzo sei, dell'FBOI (Federal Bureau Of Investigation, recentemente modificato in base ad alcune segnalazioni anonime di un linguista specializzato in acronimi che ha legiferato sulla non omologazione di tutti quelli che non acronimizzano pure le congiunzioni di a da in con su per tra FRAAAAAAAAAAAAAAA), me stai a rompe er braccio a Rambo, datte 'na carmata"

Jason non fece una piega, dette una scrollatina all'arto ripiegato di Maurizio e proseguì imperturbabile ammanettandolo a dovere al tubo del cesso che disegnava una cornice sulla latrina adiacente.

"Adesso stai bbono, che chiamo i rinforzi, non te aggità che te fai solo male, e statte zitto che 'ste radio de servizio nun è che qui sotto cianno tanto campo"

"Ma armeno se pò sapè che t'ho fatto, ma perchè me aresti, io co li terroristi nun c'entro gnente, a me sti arabbi me fanno pure schifo, e pensa che mi madre cià un negozzio de borse de Fendi e li marocchini je se mettono cò la merce tarocca sur marciapiede de fronte, essi bbono, armeno libbereme na mano che me posso finì sta cannetta, cò quello che la fanno pagà li marocchini li mortacci loro e chi nun lo dice cò le mano basse che io adesso nun le posso arzà.." implorò confuso il povero Maurizio, cercando disperatamente di strappare la manetta dal tubo che effettivamente dava l'idea di essere sul punto di cedere da un momento all'altro.

"A coppolè, ma ce lo sai sì o no che adesso ce sò le telecammere dappertutto, nun poi piu' fa gnente che vai in diretta su la CNN, t'avemo beccato a tirà un razzo, e mò me tocca arrestatte" tagliò corto Jason.

"Un razzo? ma che ciavete le lenti d'ingrandimento su le telecammere, era una caccoletta, un rauto mezzo fracico avanzato da capodanno, a Rambo, nun esaggeramo, ho sparato un fischione senza pretese, manco er botto tanto forte ha fatto, e poi mica l'ho lanciato pè faje male a queli fiji de na mignotta, che si je volevo fà male mica je sparavo un tricchettracche."

"E tutta sta monnezza che te fumi, a caccolè, vedrai che esce fora che la spacci pure, anzi, che ciai le piantaggioni sur davanzale... famme sentì che è, Pakistano, Libbanese, che robba è?" e dicendo così Jason raccolse lo spinello da terra e facendo finta di essere schifato, ne fece un paio di tiri in rapida successione.

"E' robba bbona a Rambo, senti che aroma che cià... daje, passeme un tiro cò le mano tue armeno, nun me fa ripijà"

Jason infilò il filtro tra le fauci di Maurizio, ritentò di contattare la Centrale Operativa, ma a quanto pareva non c'era verso di prendere campo, così ripose la trasmittente nella custodia, squadrò er coppoletta dall'alto in basso, poi si mise seduto sull'asse del cesso e si riprese la canna.

"A coppolè, mò che famo... te dovrei portà dentro, ma ho il sospetto che se te sciorgo poi tu me crei problemi"

"Ma che scherza, commissà, io creo probblemi, io sò uno tranquo, ma nun me ce portate ar gabbio che nun ho fatto gnente, davero, giusto quer rautino e sta cannetta, nun ve pare de esaggerà..."

Assaporando lo spino, Jason appoggiò la schiena al muro sudicio e intarsiato di geroglifici quasi tutti a forma di pisello, chiedendosi quali messaggi in codice si nascondessero dietro frasi sibilline come "Lo prendo dietro 349-78....." oppure "Benito sei un mito", e tirò l'ultima boccata dalla canna ormai bruciata fino al filtro.

"Ma ce ne hai tanta de sta robba, a coppolè? Nun è che me la spacciavi pè tutta la curva, no?"

Indicando il rigonfiamento nella tasca anteriore sinistra dei jeans sdruciti Maurizio assunse un aria angelica: "Ma no, marescià, che tanta e tanta... ciò sta pagnottella, me la smozzico piano piano..."

Jason allungò la mano, sfilò un panetto da due etti di roba, lo soppesò ben bene e lo infilò nella tasca della giacca stile militare, poi con molta nonchalance si alzò, tirò su la tavoletta del cesso, prese l'arnese in mano e dando le spalle a Maurizio iniziò ad urinare: "Certo che sti cessi fanno popo schifo, a coppolè, se tengheno in piedi pè miracolo, se nun stai attento cò nantro scrollone te porti via tutto lo scarico...."

Er coppoletta capì l'antifona, caricò i suoi 90 chili di lardo sulla gamba di spinta e diede uno strattone deciso; il tubo marcio cedette, e finalmente libero, Maurizio ebbe solo un attimo di esitazione prima di darsela a gambe, rammaricandosi di aver dovuto lasciare il panetto di hashish nelle mani di un soddisfatto e leggermente stordito Jason.

Avventura numero 10 -- Gino al mercato --

Per il Fantamercato di Settembre, Gino aveva organizzato le cose davvero per benino.

Complice un Agosto strategicamente passato in ufficio mandando la moglie e la prole a sollazzare gli animatori (Gino soleva ripetere spesso l'amara frase "Volevo tanto fare il Capo Villaggio, e invece se l'e' fatto mi moje"), il nostro eroe aveva preparato un database estremamente professionale, chiamato pomposamente "TUrbo SOccer RELational Listing Aid" o molto piu' semplicemente TU. SO. REL. LA) in grado di espletare in pochi picosecondi le seguenti operazioni:

1. Calcolo automatico dei Fantacrediti restanti
2. Distribuzione ottimizzata dei residui sui vari ruoli
3. Massima soglia di rischio per l'acquisto di un calciatore
4. Elaborazione stocastica delle assenze dei Sudamericani per le qualificazioni mondiali
5. Determinazione empirica dell'effort da produrre per l'acquisto di Schevcenko (aveva realizzato una funzione apposita perche' Sheva era il suo primo obiettivo di mercato)
6. Tasso alcolemico distribuito e livello di percezione sonora dei partecipanti alla serata in base alle bibite offerte dal padrone di casa
7. Distribuzione logaritmica della possibilita' di chiamare una ciste e veder fare un giro veloce e ritrovarsela sul groppone a 1 FML
8. Flusso bioritmico stagionale dei calciatori basato sui cicli mensili delle rispettive veline
9. Estrazione casuale di un calciatore quando non sai chi chiamare negli ultimi giri
10. Sottofondo musicale indiano per rallentare la sudorazione, mantenere un livello di concentrazione adeguato e aumentare del 200% la soglia di resistenza al cagotto in caso te se ne presentasse uno in canna proprio quando chiamano Bonanni o Santana
11. Collezione di macumbe australiane garantite da Mamma Zamba, nota stregona Vodoo di Cellino San Marco, da lanciare ad intervalli prefissati contro tutti gli avversari
12. Scansione ottica delle facce dei partecipanti nelle varie fasi di mercato, con creazione automatica di Album dei ricordi da pubblicare sul web o da mandare in riservata anonima per richiedere un eventuale riscatto
13. Elaborazione di un calendario tarato sulle proiezioni di successo della propria squadra al fine di sfruttare al meglio squalifiche, infortuni, turn over e soste natalizie
14. Completamento, firma digitale e stampa di una serie praticamente infinita di ricorsi
15. Calcolo dei risultati di ciascuna partita, sulla scorta delle pagelle pubblicate da circa 20 quotidiani nazionali o regionali

più una serie infinita di feature abbastanza scontate, come le statistiche di rendimento dei vari calciatori negli ultimi 10 anni, la stima pesata del valore di ciascuno di essi in base al club di appartenenza, le liste dei ruoli copiata da Fantacalcio.it e uno screensaver che ripeteva in loop la cinquina rifilata dalla Roma alla Lazio in uno dei derby più recenti.

La sera del mercato, Gino installò TU SO REL LA sul nuovo Sony Vaio processore Celeron Mobile da 1,5 GHz, 1 Gb di RAM, 60 Gb di HD, Masterizzatore DVD Dual Lyer, Modem e scheda Ethernet integrati e soprattutto un favoloso schermo 15:4 con una retroilluminazione degna di un Plasma, e si involò di corsa a dominare il mercato di inizio anno.

Arrivato a destinazione, salutò tutti con finto entusiasmo, strinse controvoglia la mano al Campione uscente, celiò i retrocessi dell'ultima stagione come se a lui fosse toccata una sorte diversa (la qual cosa non era) e finalmente si tolse l'anomalo Parka che fino ad allora aveva stoicamente tenuto indosso, rivelando una clamorosa magliettina Fruit a maniche corte stampata ad hoc, il cui cliche' era costato quanto una Lacoste originale a manica lunga, riportante un Winnie the Pooh vestito da improbabile calciatore con la maglietta dai colori sociali malva e arancio su cui campeggiava una scritta evidentemente realizzata in Word Art "G.I.N.O".

Quando l'improvvido Enrico, campione uscente, gli fece notare "ce lo sapemo tutti come te chiami, a Gino!"gli rispose in tralice "a bbello, questo è il nome novo dela squadra, nun lo vedi che è un "acrostico"?"
Tralasciando di sottolineare l'evidente errore di dizione, Enrico chiese incuriosito "e che vorrebbe di'?'

Con l'espressione soddisfatta, Gino rivelò il segreto: "A parte che nun retrocedo piu', da oggi me chiamerò comunque e sempre G.I.N.O; per iniziare, er nome per esteso sarebbe Gioco Insieme a Nove Ottusi."

Dopodiche' approfittando del silenzio generale, si sistemò a capotavola, estrasse il Vaio, inforcò microfono e cuffiette per attivare il riconoscitore vocale e lanciò TU SO REL LA con un nervoso e appariscente doppio click sul touchpad.

Nessuno seppe mai la ragione per cui, a fine mercato, G.I.N.O. avesse deciso di spendere 30 FMLD per acquistare ZeMaria, 25 per avere Le Grottaglie, 34 per Alberto e 56 per Pandev; fu evidente a tutti però che Winni the Pooh si era fortemente stinto a causa delle enormi gore di sudore che avevano intriso la maglietta, e che qualcosa non era andato per il verso giusto con TU SO REL LA che, come ogni programma che si rispetti, aveva deciso di non trovare una dll proprio quando sarebbe servita.

Avventura numero 9 -- La telefonata --

Al triplice fischio finale sull'ultimo campo dell'ultima partita della serie A, Michele ricevette la consueta telefonata di Simone, e stavolta era fortemente tentato di non rispondere.

Non che non avesse piacere di ricevere la telefonata di un vecchio amico: si conoscevano da vent'anni, avevano condiviso gioie e dolori, donne e motori, ma la telefonata domenicale proprio era un vizio che Simone non riusciva a perdere, nello stesso modo in cui essa rappresentava un amaro calice che Michele non aveva ancora imparato a digerire.

Ciononostante, spenta la radiolina e abbassato l'audio del televisore, che rimandava irriducibile l'ennesima esibizione dei Ragazzi di Maria De Filippi sottotitolata dai risultati della schedina, Michele si fece forza e al decimo, imperterrito squillo, rispose alla chiamata dell'amico, e venne subito investito dall'onda d'urto di ipotesi fantacalcistiche: "A Miche' che fai, che giornata, me stavo a fà le proiezioni demoscopiche su base quadrimestrale de la partita de fantacarcio: se il Sole Ventiquattr'ore me grazia Di Michele (questa è per pochi amanti della musica leggera italiana anni 80) dopo il doppio palo a porta vuota, forse je la faccio.perché ciò er fattore campo, Stam e Nesta che da soli me faranno 14 pure se il Milan ha pareggiato in casa, se poi Ujfalusi piglia il suo che Antonio lo voleva e io jò detto che vale 10 miliardi per ogni 6 che prende e 15 per ogni 6,5, se sto giro piglia 7 me dà alla pari Gilardino, con la difesa a tre je tolgo almeno 2 punti. A centrocampo io ce ne ho quattro e lui tre, e sto giro me sà che Bellucci me fa ricco, e quindi je dovrei risucchià almeno due puntarelli in più e in meno; metti che Flachi per quel capolavoro de gol de omero con l'accento sulla O me piglia 8 o 8,5 e Martins che pareva Ghiggia me piglia er solito 8 che ce lo sai che piglia sempre 8 Martins, allora li conti sò facili, stò ad armeno + 12 anche se ho segnato un solo gol...'".

Approfittando dell'amico che finalmente respirava una boccata di ossigeno, Michele cercò di inserirsi nella conversazione per dire mestamente con finto interesse: "Accidenti, complimenti, ma con chi giocavi, con la Torpedo Biscotto o con la Dinamo Zaganella?"

"Cò Zaganella, sto giro nun se sarva, anche perché sò annato su Internet e ho visto che le proiezioni dei voti de domani della Gazzetta del Salento danno almeno 4,5 a cannavaro che a parte er gol è annato buco (!!!) su tutti i palloni, e se poi la Legalecoscedetunonna se decidesse a prendere i voti dal Tempo invece che dal Corriere, sò sicuro che a Lucarelli che è de sinistra più de 5 per quei 4 golletti che li segnavo pure io nun je danno, e probabilmente pure a Gilardino nun ke ponno dà più de 6, perkè contro er Livorno segna pure Ciampi..."

"Scusa, Simo', ma che ciavevi contro Lucarelli e Gilardino, sò 8 gol in due, 24 punti, non c'è scampo per nessuno, poi se ce metti puro Cannavaro..." cercò de fallo ragionare Michele, stupito per la cecità del suo interlocutore...

"A Miche', nun te ce mette pure te che stavo a giocà coi pupi e non potevo mica seguì le partite, secondo me pure la tripletta de Rocchi mica è bbona, probabilmente armeno 2 dei tre gol sò deviati che quello quanno la mette la palla dentro da solo, nun è mica bbono, e poi sempre su internet ho visto le immagini sur sito cinese quello che te fà vede le partite a gratisse via HDSL con i sottotitoli, e mica me pareva Rocchi quello che daveno come marcatore...

"Simò, scusa, ma i sottotitoli saranno stati in caratteri asiatici, che ne sai tu come se scrive Rocchi, io ho visto er televideo e je li danno tutti a lui..." " provò di nuovo Michele.

"Si, ma er televideo pure se sbaja, mò mica fà testo pure er televideo, comunque pure si ha segnato 3 gò Rocchi cò la Lazio che ha preso la scanizza più de 4,5 non je ponno dà ed ecco lì che mezzo gò se l'è già magnato."

Michele fece finta di pensarci su, poi con delicatezza provò a far ragionare il suo interlocutore: "Rocchi, Lucarelli e Gilardino sò davero tanti.." ma l'unico risultato fu quello de peggiorare la situazione, perché il volume della voce di Simone si alzò oltre la soglia del disturbo alla quiete pubblica: "Ahò, quest'anno gira così, pensa che io me sò arifatto tutti i conti delle partite con le pagelle del Corriere dei Piccoli e con quello ero primo in classifica con 2 punti de vantaggio sulla seconda, poi ho pure provato a invertire er calendario mio con quello de Cazzetto United e ho visto che con chiunque giocavo ar posto suo je davo una scanizza da paura tutte le domeniche, e poi basta guardà li modificatori, a me m'hanno levato 56 punti mentre io ne ho levati 43, ciò -13 ma se invertivo le partite in casa con quelle fori me ne levavano solo 4 e io stavo a più 52, poi è inutile che me dicono che Calderoni è una pippa, se Natali è broncopolmonitico mica è corpa del portiere, secondo me je danno almeno 7,5 perché su quella palla ce sè tuffato tipo Zamora, er gesto tecnico va premiato... e poi ho preparato una diffida per il Presidente perché ha pubblicato sul sito le formazioni con 5 minuti de ritardo e così io non sapevo contro chi giocavo e ho scoperto solo poi che quello aveva preso Zambrella ar mercato libero, dico Zambrella, mica Zico, e se io volevo dì due non l'ho potuto dì quindi faccio ricorso contro Zambrella in modo che la Roma vince a tavolino e lui va a meno 6 e poi lo vojo vede se riesce a vince sta partita."

Sconsolato, Michele si arrese e accettò l'evidenza dei fatti" A mbè, se è così, allora potresti pure fajela" ma non ci credeva nemmeno un pò...

Dopo pochi secondi di silenzio, Simone sembrò cambiare tono del discorso: "E tu, che ha i fatto?"

"Mah, non lo so, in questa domenica de goal a raffica non cià segnato nessuno nè a me nè a lui, faremo la consueta conta degli spicci..."

"Vabbè, nun ce pensà, mica te poi fà er sangue amaro cor fantacalcio, è solo un gioco, saluteme tu moje, se sentimo domattina su messenger."

Michele non ebbe nemmeno la forza di ricambiare il saluto, abbassò la cornetta, e con santa pazienza andò a controllare sul televideo se qualche ammonizione gli avrebbe dato qualche punticino di vantaggio nella sua misera fantapartita, così banale e priva di fantasia.



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Avventura numero 8 -- Via Montenapoleone --

Tutta via Montenapoleone lo sapeva, anzi forse lo sapeva pure tutta Milano hinterland compreso: la signora Mirella odiava Haziz.


Che la classe sociale dei due non fosse proprio la stessa era evidente: Haziz era arrivato in Italia da bravo clandestino, s'era fatto tutta la trafila dei pomodori, delle borse finte Fendi, aveva dormito sotto tutti i ponti di tutti i fiumi del belpaese, e probabilmente aveva anche spacciato quel po' di cocaina che serve per fare il salto di qualità.

La signora Mirella invece era figlia di una delle più antiche famiglie della media borghesia milanese, bauscia nell'anima, non aveva mai lavato un piatto, vestiva solo griffato, investiva in immobili comperati alle aste fallimentari che riaffittava a nugoli di immigrati clandestini a costi per camera inferiori solo alle tariffe dell'Hilton, partecipava al numero sufficiente di iniziative benefiche per essere annoverata tra i benefattori della Padania libera ma senza strafare, perché il troppo stroppia e dura minga dura no.

Ma il loro contrasto non era legato a differenze di classe.
Haziz tifava Juventus, beveva solo acqua Uliveto (e recentemente pure la Rocchetta, per omologarsi al recente battage pubblicitario), e ovviamente aveva personalizzato la carrozzeria della sua FiatPunto in una ardita coreografia di strisce bianconere.

La signora Mirella era interista da generazioni, aveva un abbonamento vitalizio alla tribuna VIP a due seggiolini di distanza da quello di Moratti e un attico con vista su Appiano Gentile che per dignità non affittava a nessuno.

Ma neanche la rivalità sportiva era la causa della ruggine tra di loro.

Haziz era musulmano, si inginocchiava regolarmente a Est tutte le volte che le Sacre Scritture lo prescrivevano, evitava la carne di maiale e credeva profondamente nella istituzione della poligamia, che praticava incessantemente in festini orgiastici da fare invidia ad un Club Prive'.

La signora Mirella pagava regolarmente da 40 anni il bollettino per essere iscritta alle Sorelle di Maria, andava a Messa ogni domenica mattina, portava il lutto per la scomparsa di Carol Woytjla e da sempre era fedele, se non nello spirito ma nel corpo sì, ai 130 chili che aveva sposato in solenne cerimonia religiosa al Duomo tanti anni prima, dopo 15 anni di casto e puro fidanzamento (anche se qualche lavoretto fuori ordinanza Satana ce lo aveva fatto scappare).

Ma nemmeno la religione poteva giustificare l'astio che lei provava per quell'individuo.

Per farla breve, tutto era nato poche settimane prima quando Haziz aveva deciso di investire i proventi delle sue attività da ex-clandestino in una lussuosa boutique grandi marche situata in via Montenapoleone proprio di fronte al salone espositivo delle griffe commercializzate da secoli dalla dinastia cui apparteneva la signora Mirella.

Regina incontrastata dei migliori abiti firmati della celebre via Milanese, Mirella in pochi giorni aveva visto decine di pullmann di giapponesi scaricare i danarosi acquirenti di fronte alle proprie vetrine per poi subito attraversare la strada, entrare nel negozio di Haziz ed uscirne con le braccia cariche di shoppers trabboccanti tailleurs, cappotti, pantaloni, gonne di tutte le fogge, marca e colore.

Era iniziata da subito una aspra faida fatta di ribassi al collasso, volantinaggi con hostess al limite dell'infarto, iniziative turistiche con visita guidata all'interno del negozio, insomma per giorni e giorni si erano buttate sul campo di battaglia tutte le armi, lecite o meno, di cui entrambi erano capaci di disporre.

Ma per quanto la signora Mirella avesse fatto, la diaspora, anzi l'emorragia di clienti era stata inevitabile e la ragione era evidentissima: Haziz riusciva sempre a proporre dei prezzi molto migliori dei suoi.Se lei faceva uno sconto del 5% lui lo faceva del 10, se lei ribassava al 15 lui arrivava al 25, se lei liquidava, lui svendeva come se stesse per chiudere.

La situazione precipitò il giorno in cui la signora Mirella vide due delle sue migliori clienti, nonche' consorelle del Sacro Cuore di Maria e ardenti tifose dell' Inter, sostare in fila per un'ora fuori del negozio di Haziz per poi uscirne con l'intero guardaroba autunno estate primavera inverno 2006; a quel punto Mirella perse tutto il suo nobile aplomb, e si precipitò nel negozio di quello sfacciato arrogante delinquente usurpatore gran figlio di una cammella a chiedere spiegazioni.

Si ritrovò di fronte un disarmante sorriso da peccatore reso ancora più smagliante dal nerofumo dello sfondo epiteliale, che anzichè risentirsi dell'invasione, la invitò subito ad accomodarsi sulla accogliente poltroncina di un piccolo prive' elegantemente arredato in fondo al negozio, dove troneggiava una gigantografia di Jenna Jameson a cosce spalancate fronteggiata da una sagoma di cartone 3D raffigurante un Del Piero colto da una improvvisa crisi mistica di fronte a non si sa quale miracolo divino (o di acqua...)

La signora Mirella fece seguire l'espressione di malcelato disgusto da un'aria battagliera, e attaccò frontalmente: "Ohe, testina di moro, io non so a che gioco stai giocando, ma se questa storia non cambia, qui facciamo altre Cinque Giornate di Milano... io non lo so al paese tuo come siete abituati, ma qui non ti puoi mica permettere di prezzare un capolavoro di valentino a 200 euro quando io lo compro direttamente al suo atelier allo stesso prezzo..."

Haziz giunse le mani guarnite da tutta una serie di anelli d'oro che manco il papa (pace all'anima sua), e con una calma ascetica rispose: "Mia cara signora, io faccio i miei affari in piena legalità, e non vedo perché in un paese democratico e liberale come il vostro questo non debba essere possibile"

"In piena legalità?" ribatte' inviperita da tanta sfacciataggine la signora Mirella "Ma la vorrei vedere la piena legalità che non c'hai nemmeno er permesso de soggiorno, e poi come minimo manco paghi le tasse..."

"Eh, no, signora mia, io il permesso di soggiorno ce l'ho... e' vero, le tasse non le pago, ma e' proprio questo che mi permette di effettuare dei prezzi così competitivi senza essere illegale..."

Ora la signora Mirella era tutto fuorchè una sprovveduta negli affari, anzi, era proprio grazie al suo pallino per il commercio che le era stata affidata l'attività di famiglia; ciononostante, l'affermazione apparentemente farfugliante del suo antagonista la lasciò talmente perplessa che l'aria bellicosa scomparve quasi d'incanto dal suo volto, sostituita da una genuina curiosità: "Questa davvero non l'ho mai sentita..."

Haziz assunse la stessa aria paternalistica che di solito usava tanto per parlare del Corano con i miscredenti quanto per far capire ad un qualsiasi gruppo di tre o quattro fotomodelle quanto il sesso di gruppo (con lui) facesse bene alla pelle: "Vede signora Mirella, io acquisto la merce e non la pago, e allo stesso modo, pur emettendo regolare scontrino fiscale per ogni acquisto che viene fatto nel mio negozio, poi non pago le tasse..."

Trionfante, Mirella esclamò: "Aha, alla faccia della legalità, evasore e cattivo pagatore..."

Ma Haziz troncò di netto l'esternazione della ringalluzzita signora e stupito per tanta ottusità, si permise il lusso di una lezioncina di economia contemporanea: "Lei non ha capito niente... vede, io alla fine dell'anno avrò una società piena di debiti, con i fornitori ma soprattutto con l'erario... a quel punto lo studio commercialista Hassan, da cui mi servo per gestire la mia azienda, per poter salvare la mia società dal fallimento e quindi i posti di lavoro delle commesse eccetera eccetera, chiederà all'erario l'applicazione di una transazione per poter pagare i debiti in 20 anni.... una dilazione insomma... non so se ha presente la vicenda Lotito con la Lazio... nel frattempo i capitali incassati e opportunamente investiti mi consentiranno di transare anche con i fornitori, che pur di riprendere qualcosa preferiranno non intentare cause di alcun genere... tutto regolare, insomma.... anzi, visto che comunque ho intenzione di investire in altri settori e quindi non mi preoccupo di svelarle questa piccola strategia, mi chiedevo come mai non facesse così anche lei..."

Mirella riprese fiato, mentre mentalmente la sua capacità imprenditoriale elaborava le poche ma preziose informazioni appena ricevute, poi fece un sorriso di circostanza e si accomiatò dal suo ospite.

Appena arrivata in negozio, licenziò il suo commercialista ed espose in vetrina un colossale sconto del 70% su tutta la merce.

Avventura numero 7 -- Piccola canaglia --

Franco rientrò a casa e pocò mancò che ne riuscisse subito.Evitò quasi per miracolo che Stella, il MyLittlePony di pelouche e il suo fido compare Lampo, l'unicorno di spugna, gli facessero lo sgambetto, schivò per puro caso l'intero gruppo dei Roteò che gli si parò all'improvviso di fronte schierato a testuggine romana ed entrò nel salone scoprendo con orrore che le WinX avevano deciso di invadere il suo divano preferito, le Brazz avevano eletto domicilio su tutte le sedie Inglesi fine '800 e le Barbie avevano evidentemente indetto un sit-in di protesta contro il silicone e si erano pertanto distribuite su tutta la superficie del pavimento in disordine sparso.

Ora non è che fosse un cattivo padre nè tantomeno un marito intransigente, ma alle 8 di sera dopo 14 ore passate fuori di casa lo spettacolo del corridoio in cui erano disseminati tutti e 2000 i pezzi dell'ultimo puzzle raffigurante Lilli e il Vagabondo, abilmente mescolati con le 5000 carte del gioco dell'alfabeto, gli fecero inevitabilmente perdere la pazienza, e toltosi il soprabito e la giacca e appoggiatili con cura sul naso di un pinocchio formato gigante che aveva lasciato miracolosamente il suo posto da attaccapanni in cameretta e si era traferito non si sa come al centro esatto del rosone di un Nain Shishla Abibian di indubbio pregio, si catapultò come una furia alla ricerca della tromba d'aria senz'altro responsabile di quell'immenso disastro.

Tromba d'aria che si materializzò all'improvviso sotto forma di Beatrice, 4 anni, 110 cm, 25 chili all'ultima pesa stagionale, che brandendo mezza coppietta di Terni farcita di mortadella in una mano e un bastone di gommapiuma che una volta serviva a sorreggere una minipalestra per lattanti nell'altra, sfoggiando un paio d'occhiali da sole paterni comprati due anni prima a RomaEstate con lo sconto speciale per espositori e costati comunque una fortuna, sbucò da dietro l'angolo della camera da letto genitoriale ad una velocità impressionante anche per un TIR TurboIntercooler e lo impattò in pieno sospensorio al grido di "ATTENZIONE ECCO UN MOTTRO!"

Subito dopo, la novella eroina si staccò dal povero Franco, restato senza fiato e rosso come un peperone, con un animale della fattoria e una divinità superna indelebilmente accoppiati in una blasfema esclamazione di dolore restata fortunatamente muta, lo guardò di sottecchi e con l'aria più angelica del mondo esclamò: "BABBO IL FIMME..."

Franco, le cui capacità di recupero erano sorprendenti anche paragonate a quelle delle tartarughe Ninja che penzolavano dal lampadario con i loro sorrisi ebeti eternamente dipinti sul volto, si riprese e cercò di prendere in mano la situazione: "Bea, ma che succede, non ti ha insegnato il babbo che bisogna mettere tutto a posto dopo aver giocato.."

"IL FIMMEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE...."

Quando Beatrice iniziava a lamentarsi come la sirena di un Centro Nucleare in cui le barre di cadmio avevano abbandonato la loro sede e la fusione era ormai un processo irreversibile e catastrofico, la capitolazione era quasi certa, ma stavolta Franco era deciso a non lasciarsi intenerire tanto facilmente: "Bea, ora lo sai che facciamo? Prendiamo tutti i Cicciobello che hai vestito con la roba che domani devi mettere per andare a scuola, tutti gli animali della fattoria che hai messo a bagno nella vasca assieme ai magneti di Nemo, tutte le sferette dei SuperMag con cui hai decorato le sedie della cucina, li mettiamo nello scatolone dei giocattoli e facciamo un pò di spazio, altrimenti non abbiamo nemmeno il posto dove sederci per vedere il film... dai, aiutami che cosi' facciamo prima."

"Sò STANCAAAAAAAAAAAAAAAAAA"

"Anche babbo è stanco Bea, però ti aiuta, e se sei stanca allora è meglio che il film non lo vedi e vai a fare le ninne..."

"NON VOJO FA E NINNEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE VOIO ER FIMMEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE..."

"Ma che film vuoi vedere, Bea..."
"CAVALLO SEVVAGGIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO"

"Dai Bea non piangere, almeno aiutami a raccogliere i due scatoloni di costruzioni con cui hai costriuto il fortino dei 25 cavalli e i mattoncini di legno che hai distribuito sul letto di babbo, cosi' non si perdono e ci puoi giocare di nuovo..."

"SO' STANCA CAVALLO SEVVAGGIO MAMMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA"

A quel punto Franco non ci vide più, e con aria severa fece l'ultimo disperato tentativo di dare un senso a tutta quella discussione: "Se tra cinque minuti non vedo a posto tutti i piattini le tazzine i cucchiaini le lattiere le teiere le zuccheriere della Cucina di NonnaPapera e i quindici bicchieri di carta pieni di liquidi colorati del Piccolo Pittore e i 400 pennarelli privi di cappuccio e i 400 cappucci privi di pennarello e i gessetti le lavagne i due computer per bambini lo sai che fa il babbo? Porta tutto ai laziali che sono poveri e non hanno con che giocare, poi si mette il pigiamotto e si spaparanza a vedere la partita che stasera c'è Totti nel turno infrasettimanale di campionato che con il Siena è uno scontro salvezza e ce sò pure tornato a casa prima apposta E NIENTE FILM, CAPITO?"

Beatrice smise di frignare, guardò il padre con aria contrita, poi con aria sfacciata replicò: "IO SO' DE LA LAZZIO COME NONNO"

Franco sbiancò e iniziò a farfugliare: "Come della Lazio come nonno, tu sei sempre stata della Roma..."

"IO SO' DE LA LAZIO COME NONNO" replicò imperterrita la piccola canaglia, togliendosi gli occhiali da sole e guardandolo fisso negli occhi con aria di sfida.

"Ma come, se ti piace tanto quando babbo ti fa fare cavalluccio e cantiamo insieme TOTTI GO' TOTTI GO'... " mugolò il povero padre, in crisi da contrasto familiare mentre rimuginava su come ridurre per sempre al silenzio il suocero fredifrago.

"IO SO' DE LA LAZIO COME NONNO E TU SEI UN MOSTRO CATTIVO CHE NON ME FAI VEDE' IL FIMME" sentenziò Beatrice, e sfoderò due lucciconi stile Ultima Neve di Primavera da straziare il cuore a Bambi.

"Se sei della Roma, il babbo te fà vedè il filme e mette tutto a posto, va bene?" e mentre lo diceva, Franco capi' che era irrimediabilmente fregato: Beatrice gli buttò i suoi 25 chili di felicità al collo, lo strangolò con gioia fanciullesca, gli schioccò una bacione sulla guancia e parti' di gran carriera verso il divano del salotto, fece schizzare le WinX sotto tutti i mobili del salone con un gesto deciso, si spaparanzò in attesa e con aria felice ciangottò: "TOTTI GO' TOTTI GO', ME METTI CAVALLO SEVVAGGIO, BABBO?"

Inebedito, Franco approntò il lettore DVD, poi si mise carponi e iniziò la lenta opera di restituire alla casa una parvenza di abitabilità.

La moglie si stupi' quando, emergendo dal bagno circa 20 minuti dopo, lo rimproverò perche' le dava tutte vinte alla figlia, che era tardi e non le doveva permettere di vedere il film a quell'ora, e si sentì mandare sommessamente e francamente a quel paese.

Avventura numero 6 -- Nicola e Marzia --

L'aveva sposata per milioni di ragioni.


Innanzitutto, perché era una ragazza che per certi versi sembrava d'altri tempi.La passione con cui Marzia aiutava la madre a cucinare preziosi manicaretti, a pulire puntualmente la casa e a sbrigare alcune piccole ma noiose commissioni, il suo attaccamento per la famiglia, l'amore per il Natale e per i compleanni, avevano prospettato fin dai primi anni del loro eterno fidanzamento una vita da focolare acceso e Vecchia Romagna Etichetta Nera che a Nicola non dispiaceva affatto.

Marzia non era una bellezza da rotocalco, e non sprizzava sex appeal da tutti i pori come Jenna Jameson, ma quando si conciava un pò faceva la sua porca figura, e seppure non fosse una allupata ninfomane, si era rivelata una partner sessuale di rango, anche se per scaldarla un pò ci volevano parecchie moine e circumnavigazioni loffie.

Certo, una certa irrequietezza esistenziale Marzia l'aveva sempre manifestata, soprattutto nei torridi weekend di Luglio, in occasione delle festività pasquali e dei ponti vacanzieri; in queste occasioni, infatti, non c'era mai stato verso di farle capire che andare a Fregene partendo alle 11 di mattina - con due sporte di generi alimentari, una Sansonite da volo transoceanico per contenere costumi di ricambio e accappatoi da mare, un radione multiCD con a corredo l'intera discografia funky e hip-jop piratata scaricandola da Internet, alcune decine dei tradizionali giochi da bagnasciuga stipati non si sa perché in una miriade di mini shoppers da prodotti erboristici e quindi praticamente intrasportabili se non facendo un numero infinito di viaggi per caricare e scaricare e ricaricare e riscaricare la macchina (tipiche operazioni da maschietto mentre lei comincia i preparativi eterni per la protezione anti hacker dai raggi solati, la predisposizione di una crocchia dall'architettura neogotica perché altrimenti non si scotta il collo, l'assunzione da overdose di massicce quantità di betacarotene nei più diversi formati, controllo metodico che qualche pelo superfluo o fuori ordinanza non sia sfuggito alla meticolosa operazione stile distruggiamo la foresta amazzonica col napalm fatta la sera prima mentre Nicola cercava disperatamente di entrare in bagno per potersi liberare dalle inevitabili conseguenze della pasta e fagioli riscaldata che poi fredda è più buona che dico, è pure mejo assai), giochi tra l'altro di incomprensibile utilità visto che con le 20 persone a metroquadro stipate sul bagnasciuga e pure sulle passerelle in schegge di multistrato per fachiri non si poteva nemmeno giocare a briscola senza tatuare l'asso di bastoni sulle chiappe della matrona in tanga e panino alle melanzane sott'olio che si abbrustoliva lì vicino - non era proprio la cosa più intelligente del mondo.

L'immancabile pranzetto al ristorante sulla spiaggia a base di spaghetti alle vongole 4 Salti in padella, frittura di paranza scongelata e ricongelata più volte, patatine stick Crick e Crock camuffate da frittura originale in olio extravergine di sugna, il tutto annaffiato da un vinello della Casa (di Cura e Igiene Mentale) con un retrogusto ottanico e un afrore da polimero insaturo, e un conto su carta serigrafata a quadretti Quablock da Inchiesta Mani Pulite in cui il numero degli zeri lasciava forti dubbi sull'unità di valuta in cui era stato emesso (Nicola era sempre tentato di passare prima al cambio di Via Veneto per acquistare delle volgarissime rupie indiane per vedere se riusciva a passarle per euri) era poi solo la testa di ponte verso un inutile pomeriggio di bagnetti a rischio epidemia, inevitabile sonnolenza stile coitus interruptus vista la caciara generale, e soprattutto i disperati trecento tentativi immediatamente frustrati di rientrare a casa prima delle 4 per non restare imbalsamati a Torre in Pietra, cosa che puntualmente avveniva quando, alle ore 7 in punto, si raccattava tutto quello che si era cercato di utilizzare nel corso della giornata, si cercava invano di rimettere negli stessi contenitori utilizzati all'andata, si facevano 30 km di jogging per portare tutto dentro la Multipla torrida e impolverata, mentre Marzia era impegnata nel'arduo compito di destrutturare l'architettura dei capelli, idratare adeguatamente la pelle arrossata con ettolitri di sugo di latte di mallo di noce importato direttamente dalle isole Vergini e marchiato indelebilmente Made in Naples, si ritoccava il trucco con uno specchietto di 1 cm per 1 cm e nel frattempo contribuiva alla causa comune con le disposizioni del caso.

Tutti questi turbinosi pensieri si accavallavano nella mente di Nicola mentre, in procinto sorpassare a destra un Ape 50 che si era piazzata in corsia di sorpasso assieme ad un gruppo di ciclisti ultranovantenni che erano partiti la mattina presto per la consueta sgambata domenicale sulla pista ciclabile GRA, cercava disperatamente di guadagnare la fatidica rampa di uscita di via del Pescaccio e di lì raggiungere le tanto agognate mura domestiche.

"Te sei divertito, Nicò?" esordì Marzia.

"Si, Mà sò stato bene".

L'espressione di Marzia, alla risposta laconica e svogliata di Nicola, divenne improvvisamente bellicosa:"E allora perché nu parli, me pare de viaggià con un tassinaro sordomuto e prescioloso, nun hai spiccicato parola pè tutto er viaggio e hai guidato come un pazzo, ma ce lo sai che a fà così te leveno li punti da la patente e te li cambieno con quelli der Pronto Soccorso der Pertini, e poi fossi da solo, si nun te ne sei accorto ce sò pure io e a me de rimanè invalida al 100% e fatte pijà l'accompagno pè portamme ar cesso nun è che me va tanto".

I resti di un calamaro improbabile si affacciarono alla bocca dello stomaco di Nicola, cui tutto mancava fuorhè una discussione fuori ordinanza al termine di una giornata da Apocalypse Now, ma riuscì a respingerlo verso il proprio destino, a implementare una respirazione trascendente imparata al corso de Yoga aziendale, e a mantenere il proprio tono di voce il più neutrale e accondiscendente possibbile: "A Mà, te lo ripeto, sò stato benissimo cò te, sarà che magara sò un friccichello stanco, lo sai er sole, la gente, er traffico..."

"Ah si, sei stanco, però quanno te arintani pè tutta la domenica in Curva nord cò 20mila scarmanati delinquenti lazziali fracichi ar freddo ar gelo a la pioggia e a la neve, pè poi mettece 3 ore pè tornà a casa cor traffico che ce sta pè uscì da Ponte Mirvio nun te stanchi, anzi chiacchieri, canti, balli, bestemmi, smadonni, telefoni a Plastino pè dije quanto è fico DiCanio che se crede Benito, organizzi li sittinne pè nun fà pagà li buffi a Lotito, prenoti li ciarter pè annà in Slovenia pè la Coppanunsocche, allora nun sei stanco, a Nicò.. tu sei stanco de stà cò me, nun ciai li stessi interessi mia, si vieni quarche vorta ar mare pare che te porto a fà la via crucisse, si annamo a pranzo da mi madre te vengheno le coliche preventive, quanno festeggiamo er compleanno de la cognata de la moje de mi cuggino ciai li turni domenicali in ufficio... sò stufa a Nicò, sò stufa!"

Una patatina stick risalì vorticosamente er canale aortico intrisa de vinello poliacetilenico, e Nicola quasi si strozzò per ricacciarla nell'inferno ulcerico da dove era provenuta: "Ma nun è vero, Mà, nun fa la traggica, abbi pazzienza mo' torno a casa, magno un boccone leggero e me ripijo...".

Marzia non si arrese facilmente, e mentre Nicola parcheggiava la Multipla a 300 interminabili metri da casa, rincarò la dose: "Te ripiji un par de ciufoli, mo mica te crederai che te abboffi de pastasciutta e vai a stirà le zampe sotto le coperte, che ce sta da fa le pulizzie de Pasqua che è pure passata, rimette le tenne leggere in salone, portà fori quella jena de Cujo che ce se sarà magnato tutte le ciavatte e poi bisogna che me levi da lo studio tutti quei poster de quer ladro buffarolo de Cragnotti e de lo scudetto che ve sete dovuti rimagnà manco un anno dopo, che ancora me lo ricordo quanto hai rosicato eppure ancora te ce fai le pippe co lo scudetto de la Cirio".

Nicola schizzò fuori dalla macchina come un fulmine, aprì la portiera della multipla in un gesto che sembrava cavalleresco, poi prese Marzia per un braccio, la catapultò fuori con impeto rabbioso, e con l'alito ormai irimediabilmente appestato dagli effluvi dei Quattro Rutti in Pastella le urlò contro tutta la sua indignazione: " E no, a Marzia, stò sfreggio nun lo accetto, perché quanno avemo messo su casa ce lo semo detto mille vorte che lo stanzino de le scope era mio e io ce attacco che me pare... er fatto è che dopo avette scarrozzato pè tutta l'Aurelia pè vedette cotta come un rigatone, doppo esseme scarrozzato er contenuto de una intera ludoteca solo per gusto de faje pijà aria, doppo d'avè fatto la figura de esse un rappresentante de articoli da spiaggia appena sbarcato da un volo proveniente dallo Sri Lanka, er fatto è che sei na romanista schifosa e che ce stai a rosicà te che cappottino Sensi nun è in grado de esseje ma manco carzettone ar sor Cragno!tti, che quest'anno er trio de le meravije me pare er trio monnezza e pè voi Ferrari vor dìche annate a due all'ora...nun me poi venì a dì de smontà lo studio de li ricordi mejo che ciò da quanno sò nato... ".

Nicola si fermò subitaneamente, conscio della gravità della sua ultima affermazione; lesse negli occhi di Marzia lo stesso terrore che gli attanagliava lo stomaco, così distolse gli occhi, fissò sconsolato il cumulo di asset che affollava il portabagali e i sedili posteriori della Multipla, poi circondò le spalle della moglie con un braccio e le chiese: "Ce annamo assieme a vede er derby, eh, come tutti l'anni..."

"Certo Nicò, er derby cò tte nun me lo perderei pè gnente ar monno... intanto vado a preparà du rigatoni cò la pajata, che ancora nun ho diggerito l'insalatina de oggi a pranzo... che ce penzi tu amo' a portà su stè du cosucce, vero?"

Nicola assentì, si diresse verso il retro della Multipla ma prima di effettare il primo carico di suppellettili, si girò a vederla percorrere il viale illuminato dalla luna, pensando a quanto sarebbe stato bello rifilaje un 3 a 1 come quello dell'andata.

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