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Avventura numero 37 -- La reliquia --


Fuori dalla famosa clinica romana, il panorama del serpentone azzurro del Tevere a snodarsi sinuoso e insinuante sotto una fitta coltre di nubi a far da pendant all'asfalto e al cemento sottostanti, Ezio si aggirava furtivo mal dissimulando un'aria di finta noncuranza. La coda di cavallo, la barba incolta, l'aria sciatta e trasandata che trasudava dall'impermeabile stile maniaco-al-parco, restituivano un'immagine stridente con l'opulenza del parco e del via vai dei visitatori alla guida di SUV transoceanici e berline dai vetri fume' che fin dalle prime ore della mattina avevano fatto
scricchiolare la ghiaia che conduceva all'ingresso principale, si erano fermate scaricando velocemente il loro contenuto piu' o meno famoso per poi fermarsi pochi metri piu' avanti, dove un crocchio di autisti dal fisico palestrato, auricolari
e occhiali a specchio vigilava solerte, ciascuno appoggiato al cofano del proprio bolide ma con i muscoli tesi guizzanti sotto le divise d'alta sartoria.
Il via vai dei fotografi traboccanti attrezzature degne di un intero set cinematografico intasava di lampi di luce l'aria gia' elettrica per l'imminente temporale; si spostava ora da un lato, ora dall'altro, tra una pseudo velina in cerca di facile pubblicita' al politico di turno che, complice l'occasione nazional popolare, non esitava a farsi un minimo di campagna elettorale mescolando argomenti come fossero ingredienti in un cocktail sempre nuovo, ma dal retrogusto stantio.
Da sotto gli occhiali da sole tartarugati malamente contraffatti da operai cinesi in qualche oscuro sottoscala dell'Esquilino, Ezio scrutava la folla in cerca del suo contatto. Non ne sapeva molto, ma la telefonata del Faina non gli aveva lasciato altro che appostarsi in attesa di colui, o colei, che avrebbe fatto in modo di contattarlo ad un orario non meglio precisato e con modalita' del tutto ignote.
Ad un tratto Ezio noto' un'autovettura di piccola cilindrata fermarsi all'ingresso. Il vigilante, un armadio di dimensioni impressionanti, si avvicino' al finestrino del guidatore con fare deciso, ma subito si porto' la mano alla visiera e corse forsennatamente ad alzare la sbarra, presso la quale sosto' con lo sguardo fermo e militarmente impettito saluto' il nuovo arrivato. La piccola utilitaria ando' a parcheggiare lontano dalla massa delle fuoriserie e poco dopo ne usci' un omino
dall'aria dimessa, che indossava un abito nero che solo un occhi attento avrebbe riconosciuto come opera di un grande sarto, calzature altrettanto nere di manifattura italiana assai sapiente, e che calava sugli occhiali scuri un cappello floscio, da cui si intravedevano pochi ciuffi di capigliatura bianchissima.
Lo strano personaggio entro' nel centro medico da una porticina secondaria, ed Ezio lo catalogo' immediatamente come un dipendente amministrativo.
Dopo pochi minuti, la stessa porticina si apri' di nuovo, facendo uscire lo stesso omino; egli si
guardo' intorno, poi,col suo passo un po' esitante, si avvicino' a Ezio, che si era seduto, facendo finta di leggere il Corriere dello Sport, sotto un grande cipresso fuori dalla portata degli occhi piu' indiscreti; si sedette accanto a lui appoggiando sulle ginocchia una ventiquattr'ore semirigida dall'aspetto promettente, e gli rivolse sommessamente la parola in un evidente accento teutonico: "La reliquia, figliolo, crazie..."
Era il contatto dunque!
Ezio cerco' di non scomporsi piu' di tanto, indeciso se fidarsi o meno di quel tipo strano.
"De che stamo a parla'?" interloqui', tanto per capire meglio la situazione.
Il vecchietto, mantenendo il capo chino e un'aria vagamente contrita, rispose senza alzare il tono di voce di un filo:" Tu sai kuello ke io foglio, e ke mi hanno tetto tu afere con te, yawhol? Qua essere quanto io kontrattato kon tuo amiko Faina, ya? Ora tu tare me reliquia io tare te borsa, tu resta, io va, yawhol?"
Ezio comincio' a innervosirsi: il tono deciso che trapelava dal sussurante interlocutore gli dava sui nervi, e poi lui i crucchi li odiava dai tempi di Italia-Germania quattrattre', anzi da prima, da quando suo nonno aveva fatto la resistenza.
"Io nun te conosco, io nun so' chi sei, da quanno so' nato me so' fatto i cazzi miei..."
"Tu ora essere Mina, yah? Io non troppo tempo da perdere, Faina tetto me tu afere reliquia, tu non vendere musikassetta pirata, yah?"
"Ma io vojo sape' 'ndo va, st'oggetto sacro... che questo mika po' fini' all'estero a arricchi' la collezzione de quarche crucco zozzo de carbone... stamo a parla' de un pezzo dall'arto valore simbolico pe' la tradizzione romana, de un pezzo unico, si solo sapessi quello che m'e' costato tirallo fora da li' drento, co' tutta sta caciara che ce sta in giro.." prese tempo Ezio, a cui quel tipo cominciava a dare sui nervi.
Il vecchietto si tolse il copricapo, si gratto' educatamente dietro le orecchie, poi pianto' in faccia a Ezio un paio d'occhietti azzurri profondi come la Fossa delle Marianne, e abbozzando un sorriso, replico' sempre con lo stesso, impercettibile tono di voce: "Ach figliolo, foi romani essere sempre tremendamente sospettosi yah... tua reliquia ferra' custodita celosamente assieme ad altre sacre vestigia di passato, tu sei contento immacino si!? Ora preco, tu dare me quello che io foglio, io dare te valigetta e poi noi salutare e mai piu' rifedere, yah?"
Quasi ipnotizzato, Ezio assenti' brevemente col capo, lancio' uno sguardo furtivo tutt'intorno, e visto che proprio in quel momento l'attenzione generale era concentrata sull'arrivo di una famosa e popputa diva del cinema, estrasse da sotto il trench un pacchetto rozzamente confezionato con una bustina di plastica stretta in cima da un elastico, e lo passo' all'omino. Costui sciolse delicatamente la chiusura, controllo' il contenuto della busta, la richiuse con lentissima cura, e
la fece sparire all'interno della giacca, segnandosi fugacemente la fronte. La valigetta passo' di mano, Ezio ne controllo' rapidamente il contenuto, ed evidentemente soddisfatto la richiuse.
L'omino si alzo', calcandosi di nuovo il cappello in testa, e prima di incamminarsi verso il proprio macinino, saluto' Ezio con un "Fai in pace figliolo, e crazie!"
Ezio lo vide entrare in macchina con insospettata agilita', fare manovra con destrezza e mentre lo stesso vigilante provvedeva a fermare l'ingresso di un famosissimo calciatore alla guida della propria Ferrari, infilo' rapidamente l'uscita. Ezio attese ancora qualche minuto, poi prese la valigetta e cercando di non dare nell'occhio, usci' dal giardino della clinica e prese il primo autobus in direzione centro.
Il giorno dopo, durante la consueta colazione al bar "Da Giggetto" a base di cappuccino, cornetto e "Il Messaggero", non noto' il trafiletto che raccontava come voci non confermate parlassero di una fugace e segreta visita del Santo Padre a Totti, e della misteriosa sparizione dai laboratori di Villa Stuart, del legamento crociato rimosso al capitano giallorosso.

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