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Avventura numero 39 -- L'annuncio --

Quando Alfredo lesse sulla piccola pubblicita' de "Il Messaggero" l'annuncio, non gli parve assolutamente possibile, schizzo' in piedi dalla poltrona, si infilo' le prime cose che gli capitarono sottomano, comprese un paio di mutande da Museo Pigorini e un paio di calzettoni che alla prova del Carbonio 14 avrebbero fatto gridare al ritrovamento miracoloso, tipo rovine di Troia, per intendersi...

Era una bella giornata di sole, e nonostante fosse inverno ormai avanzato, Alfredo non esito' a balzare in sella al vespone carta da zucchero, residuato dei tempi del liceo, e a precipitarsi a tutta velocita' (se 50 all'ora in discesa sputacchiando poteva definirsi tale) verso lo stadio Olimpico.

Mancava ormai poco all'inizio del big match di campionato, e intorno alla "palla" era gia' un via vai di bancarellari, bagarini, ragazzotti in bomber e cori di ordinanza, celerini in tenuta antisommossa e tutta la varia umanita' che si puo' incontrare intorno ad uno stadio prima di una partita.

Il vespone ebbe il buon gusto di esalare quello che pareva davvero l'ultimo respiro proprio davanti all'ISEF, tanto che Alfredo non si curo' nemmeno di assicurarlo con la catena, e appoggiatolo con somma cura contro una Smart4U (il cavalletto era scomparso anni prima dal suo alloggio naturale, e non era mai stato rimpiazzato), si precipito' verso la Curva Sud.
Giunto in prossimita' delle biglietterie, estrasse dalla tasca posteriore il quotidiano e rilesse con cura l'annuncio: " E' domenica? Non hai il biglietto della partita? No problema, vieni allo stadio e entri anche da dietro, comodo e senza fretta.." seguito da un numero di cellulare.

Alfredo digito' nervosamente la sequenza, e non appena gli fu risposto, attacco' a mitraglia: "Senta io chiamo pe' l'annuncio anzi so' gia' qui, me raccomando, nun lo dia via che me ce so' scapicollato, nun e' una questione de prezzo, basta che me dice come la riconosco che io arrivo cor sordo in bocca e famo subbito l'affare... "

Una voce femminile dall'altra parte gli rispose rassicurante: " No te preoccupe tessoro che qui c'e posto per tutti, se tu hai soldi non ci e' problema..."

"Si si, io li sordi l'ho portati, certo che si se po' entra' da dietro magari se risparambia quarche cosa, io so' pure atletico si casomai ce dovesse esse da fa' quarche acrobbazzia io so' pronto, me chiameno er funambolo, me chiameno..."

"Ammore, si tu entra da dietro no e' che risparmi ma si sei tosto come dice vedi che entri seguro e te trovi uno bello posticino caldo, accogliente, pulito e poi si sei atletico no e' problema anzi e' anche piu' divertente, allora che fai vieni si?!?"

"E come nun vengo, io gia' so' praticamente venuto, sto' gia' qui allo stadio e so' tutto ansioso de entra', si lei me dice dove se incontramo io arrivo je do' li sordi e me ne vado dopo du' secondi"
La voce dall'altra parte esplose in un risolino e continuo' suadente:"E no ce' mica bisogno che tu scappa io no te fare fretta tu viene qui dietro alla seconda siepe di fronte alla biglietteria H e io essere li con mio camper tu entra pure che te aspetto!"

"Avoja si c'ho fretta, nun vedo l'ora de entra', aspetteme che arivo."

Alfredo chiuse di botto il cellulare, corse verso la biglietteria H, noto' immediatamente la roulotte parcheggiata nei pressi e vi si precipito' letteralmente dentro.
La vista di Gioia, all'anagrafe Ermes, transessuale brasiliano di mezza eta' e dalle tette enormi, gli chiari' immediatamente l'equivoco in cui era caduto per la smania di entrare a vedere la partita, i cui biglietti erano esauriti da settimane. Una rapida occhiata all'orologio, e una ancora piu' rapida alle tette di Gioia/Ermes, gli fece capire che ormai per la partita non c'erano piu' speranze, ma visto che c'era, tanto valeva pagare il biglietto... per entrare da dietro.

Avventura numero 38 -- Er derby --


Dopo 'na settimana de passione
passata a arrovellasse ogni momento
ormai 'mbriaco de televisione
s'accinse a preparasse pe' l'evento

Organizzo' 'na cena pe' la moje
"So' tutte donne, che ce vengo a fa'?"
"Cio' un raffreddore ch'er fiato me toje,
magari manco posso chiacchiera'..."

Dissimulando un finto dispiacere
disse a la figlia cui s'era promesso
"Cio' un bozzo emorroidale qui ar sedere
ma ar cinema tu ce poi anna' lo stesso.."

Cor nonno invece fu 'na passeggiata
se lo prese da parte e proditorio
je disse che una russa maggiorata
voleva sollevaje er sospensorio

La socera era il maggiore scojo
che quella pe' fregalla ce vo' un mago
je tocco' mette mano ar portafojo
e arigalaje un ber week end al lago

Quann'era tutto a posto e sistemato
assunse un'aria mesta e un po' contrita
ma quanno tutti l'ebbero lasciato
je parve de rinasce a nova vita

Come un centometrista fu in cucina
se preparo' du' spaghi all'arabbiata
e dalla fornitissima cantina
tiro' fori un vinello d'annata

Quanno fu sazio come un cinghiale
era ormai arrivata l'ora ambita
accese la TV sur diggitale
e s'appresto' a gustasse la partita.

Ecco che vanno i campo i gladiatori
li spalti che traboccano de gente
sciarpe e bandiere, musica e colori
l'adrenalina sale come gnente

Eccote er fischio, daje! daje! daje!
e gia' c'e' chi sputazza come un lama
dovete faje onore a quelle maje!
li famo neri come tanti Obama

Ma mentre l'attaccante se involava
venendo steso in area de rigore
je parve che 'na porta cigolava
e arzo' l'occhi pe' scopri' l'autore

E sull'uscio j'apparve la visione
de 80 chili d'alano arlecchino
che' nonostante l'organizzazione
s'era scordato der suo bisognino...


Avventura numero 37 -- La reliquia --


Fuori dalla famosa clinica romana, il panorama del serpentone azzurro del Tevere a snodarsi sinuoso e insinuante sotto una fitta coltre di nubi a far da pendant all'asfalto e al cemento sottostanti, Ezio si aggirava furtivo mal dissimulando un'aria di finta noncuranza. La coda di cavallo, la barba incolta, l'aria sciatta e trasandata che trasudava dall'impermeabile stile maniaco-al-parco, restituivano un'immagine stridente con l'opulenza del parco e del via vai dei visitatori alla guida di SUV transoceanici e berline dai vetri fume' che fin dalle prime ore della mattina avevano fatto
scricchiolare la ghiaia che conduceva all'ingresso principale, si erano fermate scaricando velocemente il loro contenuto piu' o meno famoso per poi fermarsi pochi metri piu' avanti, dove un crocchio di autisti dal fisico palestrato, auricolari
e occhiali a specchio vigilava solerte, ciascuno appoggiato al cofano del proprio bolide ma con i muscoli tesi guizzanti sotto le divise d'alta sartoria.
Il via vai dei fotografi traboccanti attrezzature degne di un intero set cinematografico intasava di lampi di luce l'aria gia' elettrica per l'imminente temporale; si spostava ora da un lato, ora dall'altro, tra una pseudo velina in cerca di facile pubblicita' al politico di turno che, complice l'occasione nazional popolare, non esitava a farsi un minimo di campagna elettorale mescolando argomenti come fossero ingredienti in un cocktail sempre nuovo, ma dal retrogusto stantio.
Da sotto gli occhiali da sole tartarugati malamente contraffatti da operai cinesi in qualche oscuro sottoscala dell'Esquilino, Ezio scrutava la folla in cerca del suo contatto. Non ne sapeva molto, ma la telefonata del Faina non gli aveva lasciato altro che appostarsi in attesa di colui, o colei, che avrebbe fatto in modo di contattarlo ad un orario non meglio precisato e con modalita' del tutto ignote.
Ad un tratto Ezio noto' un'autovettura di piccola cilindrata fermarsi all'ingresso. Il vigilante, un armadio di dimensioni impressionanti, si avvicino' al finestrino del guidatore con fare deciso, ma subito si porto' la mano alla visiera e corse forsennatamente ad alzare la sbarra, presso la quale sosto' con lo sguardo fermo e militarmente impettito saluto' il nuovo arrivato. La piccola utilitaria ando' a parcheggiare lontano dalla massa delle fuoriserie e poco dopo ne usci' un omino
dall'aria dimessa, che indossava un abito nero che solo un occhi attento avrebbe riconosciuto come opera di un grande sarto, calzature altrettanto nere di manifattura italiana assai sapiente, e che calava sugli occhiali scuri un cappello floscio, da cui si intravedevano pochi ciuffi di capigliatura bianchissima.
Lo strano personaggio entro' nel centro medico da una porticina secondaria, ed Ezio lo catalogo' immediatamente come un dipendente amministrativo.
Dopo pochi minuti, la stessa porticina si apri' di nuovo, facendo uscire lo stesso omino; egli si
guardo' intorno, poi,col suo passo un po' esitante, si avvicino' a Ezio, che si era seduto, facendo finta di leggere il Corriere dello Sport, sotto un grande cipresso fuori dalla portata degli occhi piu' indiscreti; si sedette accanto a lui appoggiando sulle ginocchia una ventiquattr'ore semirigida dall'aspetto promettente, e gli rivolse sommessamente la parola in un evidente accento teutonico: "La reliquia, figliolo, crazie..."
Era il contatto dunque!
Ezio cerco' di non scomporsi piu' di tanto, indeciso se fidarsi o meno di quel tipo strano.
"De che stamo a parla'?" interloqui', tanto per capire meglio la situazione.
Il vecchietto, mantenendo il capo chino e un'aria vagamente contrita, rispose senza alzare il tono di voce di un filo:" Tu sai kuello ke io foglio, e ke mi hanno tetto tu afere con te, yawhol? Qua essere quanto io kontrattato kon tuo amiko Faina, ya? Ora tu tare me reliquia io tare te borsa, tu resta, io va, yawhol?"
Ezio comincio' a innervosirsi: il tono deciso che trapelava dal sussurante interlocutore gli dava sui nervi, e poi lui i crucchi li odiava dai tempi di Italia-Germania quattrattre', anzi da prima, da quando suo nonno aveva fatto la resistenza.
"Io nun te conosco, io nun so' chi sei, da quanno so' nato me so' fatto i cazzi miei..."
"Tu ora essere Mina, yah? Io non troppo tempo da perdere, Faina tetto me tu afere reliquia, tu non vendere musikassetta pirata, yah?"
"Ma io vojo sape' 'ndo va, st'oggetto sacro... che questo mika po' fini' all'estero a arricchi' la collezzione de quarche crucco zozzo de carbone... stamo a parla' de un pezzo dall'arto valore simbolico pe' la tradizzione romana, de un pezzo unico, si solo sapessi quello che m'e' costato tirallo fora da li' drento, co' tutta sta caciara che ce sta in giro.." prese tempo Ezio, a cui quel tipo cominciava a dare sui nervi.
Il vecchietto si tolse il copricapo, si gratto' educatamente dietro le orecchie, poi pianto' in faccia a Ezio un paio d'occhietti azzurri profondi come la Fossa delle Marianne, e abbozzando un sorriso, replico' sempre con lo stesso, impercettibile tono di voce: "Ach figliolo, foi romani essere sempre tremendamente sospettosi yah... tua reliquia ferra' custodita celosamente assieme ad altre sacre vestigia di passato, tu sei contento immacino si!? Ora preco, tu dare me quello che io foglio, io dare te valigetta e poi noi salutare e mai piu' rifedere, yah?"
Quasi ipnotizzato, Ezio assenti' brevemente col capo, lancio' uno sguardo furtivo tutt'intorno, e visto che proprio in quel momento l'attenzione generale era concentrata sull'arrivo di una famosa e popputa diva del cinema, estrasse da sotto il trench un pacchetto rozzamente confezionato con una bustina di plastica stretta in cima da un elastico, e lo passo' all'omino. Costui sciolse delicatamente la chiusura, controllo' il contenuto della busta, la richiuse con lentissima cura, e
la fece sparire all'interno della giacca, segnandosi fugacemente la fronte. La valigetta passo' di mano, Ezio ne controllo' rapidamente il contenuto, ed evidentemente soddisfatto la richiuse.
L'omino si alzo', calcandosi di nuovo il cappello in testa, e prima di incamminarsi verso il proprio macinino, saluto' Ezio con un "Fai in pace figliolo, e crazie!"
Ezio lo vide entrare in macchina con insospettata agilita', fare manovra con destrezza e mentre lo stesso vigilante provvedeva a fermare l'ingresso di un famosissimo calciatore alla guida della propria Ferrari, infilo' rapidamente l'uscita. Ezio attese ancora qualche minuto, poi prese la valigetta e cercando di non dare nell'occhio, usci' dal giardino della clinica e prese il primo autobus in direzione centro.
Il giorno dopo, durante la consueta colazione al bar "Da Giggetto" a base di cappuccino, cornetto e "Il Messaggero", non noto' il trafiletto che raccontava come voci non confermate parlassero di una fugace e segreta visita del Santo Padre a Totti, e della misteriosa sparizione dai laboratori di Villa Stuart, del legamento crociato rimosso al capitano giallorosso.

Avventura numero 36 --La denuncia --

Il commissario Vincenzoni senti' bussare alla porta del suo ufficio, e si affretto' a nascondere l'ultimo numero del Guerin Sportivo sotto una montagna di pratiche prima di schiarirsi la voce e tuonare uno scocciatissimo "AVANTI!" allo scocciatore di turno. Scocciatore di turno che, cosa peraltro indubitabile, si materializzo' nell'Appuntato Chiavetta, che infilo' in un minimo
spazio tra la porta e il battente la faccia magra e sparuta su cui risaltavano, neri e imbrillantinati, un paio di baffetti siculi di cui andava orgogliosissimo e che non passava minuto senza che l'appuntato non dedicasse loro una curatissima allisciata."Commissa' mi scusasse se la disturbo, ma abbiamo una denuncia per furto..."
"Appuntato, le avevo detto che ero impegnatissimo e che non volevo essere disturbato se non per affari gravissimi, che ne so, un omicidio, uno stupro, una rivoluzione.... che facciamo, mi metto pure a prendere le denunce di furto adesso... facci lei, facci, e poi mi porti la pratica da firmare in triplice copia, come da procedura..."
Il buon Chiavetta fini' di scivolare dentro la stanza senza quasi dover aprire di piu' la porta, si tolse il cappello d'ordinanza che gli era piuttosto largo e gli copriva sempre gli occhi, e mantenendo il capo chino, ribatte' con un esitante filo di voce: "Ma commissa', e' un caso particolare, particolarissmo direi, non saprei nemmeno come definire il furto, proprio non so come cominciare..."Il commissario Vincenzoni, non certo famoso per la gentilezza dei modi, afferro' il faldone piu' voluminoso che aveva di fronte e stando comunque accorto a non scoprire il Guerino che piu' sotto si celava, lo calo' con ostentata violenza sulla scrivania, provocanto un tonfo che fece sobbalzare il baffo sinistro del povero Chiavetta...: "E che diamine, Chiavetta, lei ha 10 anni di onorato servizio in questa stazione, non ci credo che lei non sappia raccogliere una denuncia di furto...e che cosa sara' mai, uno scippo in bicicletta, furto con scasso di un negozio aperto, spesa proletaria alla gioielleria Bianchini... non e' possibile, ma tutto io devo seguire..." e continuando a borbottare sulla troppa facilita' con cui si dava ragione a chi inventava le barzellette sui carabinieri, si alzo' dalla poltrona per dirigersi verso l'Ufficio Denunce.
Ivi trovo' Ignazio, 32 anni, che nell'attesa si era preso la liberta' non solo di sorseggiare il caffettino del povero Chiavetta, ma aveva deciso di farlo spaparanzandosi sulla poltroncina di plastica ed allungando un assurdo paio di camperos sul ripiano della scrivania antistante.
"Cosa succede qui, ma dove ci crediamo di essere, al Bar dello Sport o al Circolo della Birretta? Tolga quei piedi dal tavolo e un po' di ritegno!" lo apostrofo' immediatamente il commissario, aggirando la scrivania e sedendosi al posto dell'appuntato Chiavetta, che nel frattempo si affrettava a posizionarsi rigido al suo fianco, una sola mano a rassettare il baffo sbieco come concessione alla rigida disciplina militare. "Allora vediamo, che cosa abbiamo qui... l'appuntato mi diceva che lei e' stato vittima di un furto un po' particolare... " passo' subito al sodo il commissario, che aveva intenzione di sbrigare la questione in quattro e quattr'otto e tornare nel
suo sanca sactorum a leggere le gesta del suo idolo calcistico, Ibrahimovic.
Ignazio tolse gli stivali dalla scrivania con fare indolente, poi si tolse dalla testa lo sdrucitissimo zuccotto che celava una ancora piu' sdrucita pettinatura di colore e igiene indefinibili, si sporse in avanti e inizio' la sua deposizione."Allora commissa', io so' arivato stamattina a Milano cor treno... ero coll'amici mia, er Porchetta e Ferrovecchio, e per la prima cosa semo annati a vede er Duomo, perche' veni' a Milano e nun anna' a vede er Duomo e' un delitto e nun ce pareva giusto nun dedica' armeno 10 minuti a la ricchezza de lo spirito..."
L'aria da teppista e il look da terremotato stridevano talmente con le strane dichiarazioni di Ignazio che il Vincenzoni comincio' a innervosirsi oltre il limite di guardia, mentre Chiavetta aveva assunto un'aria ancora piu' mesta perche' dopo aver aggiustato il baffo sinistro aveva percepito una asimmetria di allineamento di quello destro e non potendo specchiarsi,
cercava di storcere le labbra in un malcelato tentativo di scrutare la situazione subnasale senza sembrare un "arruso" tirabaci.
"Allora 'sto furto dove e' avvenuto, sul treno o in Piazza Duomo, mi scusi, andiamo al sodo..." interloqui' Vincenzoni.
"None commissa', ne' l'uno ne' l'arto che sur treno eravamo tutti belli aggruppati e tutti de la Roma, nun se poteva azzarda' nisuno a rubba' gnente, che li' semo tutta gente onesta... vabe' a parte er Tritolo che cia' er vizio de fa' sarta' quarche cassaforte... ma questa e' n'antra storia... e pure ar Duomo semo entrati e usciti tranquilli... none commissa', er furto e' avvenuto allo Stadio"
"Allo stadio? Va bene, allora appuntato si metta laggiu' alla macchina da scrivere e iniziamo a redigere questo benedetto verbale... nome cognome e come si chiama l'utente gia' li sai... allora... in data 27 febbraio 2007 il sottoscritto si trovava nei pressi dello stadio San Siro in Milano, quando ... quando che e' successo?"
Ignazio si gratto' oscenamente un'ascella e continuo' il suo racconto. "Allora se semo accomodati io, er Porchetta e Ferrovecchio, nei posti nostri ar terzo anello, se semo comprati un ber panino, avemo tirato fora le bocce de vino dai carzini, e se semo messi a vede la partita... che partita, commissa'! La Maggica pareva che giocava in 14 contro 5, stavemo dapertutto, gli Onestoni nun sapevano manco da ndo comincia'... e quanno Crespo ha preso quer palo che n'antro po' la palla entra da quell'altra parte, aho, se semo quasi cacati sotto, anzi, er Porchetta secondo me ha armeno scureggiato che infatti l'abbonati che staveno vicino a noi se so' spostati sulle scale e Ferrovecchio s'e' pure sbracato sur seggiolino a fianco che s'era libberato e s'e' riarzato solo quanno er Capitano j'ha fatto vede le recchie che la palla Giuliocesar manco l'ha vista e Chivu ancora sta a cerca' de capi' da ndo cazzo veniva Francescone nostro che j'e' sbucato all'improvviso dar nulla e banfete, 0-1 e tutti l'onestoni allo stadio che hanno rosicato ma nun ciavevano manco piu' l'occhi pe' piagne ammazza quant'ho goduto come un mandrillo che a un certo punto m'e' venuto pure duro e ho guardato una smandrappona polentona co' le tette gonfie che je ballaveno mentre se lamentava e jo' fatto capi' che sii j'annava all'intervallo je avrebbi dato volentieri na ciancicata a le mozzarelle..."
"BASTA!" - sbotto' il commissario interrompendo lo sproloquio del suo interlocutore, che s'era lasciato andare dall'entusiamo del racconto - "e cerchiamo di ricordarci che qui siamo in un commissariato e non a Radio Ilario Ilario! E lei, appuntato, che ho visto che ha scritto tutto, cancelli questa sequela di sciocchezze, che un verbale non e' mica un giornaletto degli ultras, sa! E forza, lei, cerchi di venire al dunque... com'e' avvenuto questo furto?"
Ignazio cerco' di partire con maggiore accortezza, ma ormai era infoiato e ben presto il suo discorso riprese il ritmo martellante di prima: "E mo' ch'arivo commissa', je stavo a ricconta' l'antefatto in maniera circostanziata che io vedo sempre SIESAI e le indaggini spesso se risorveno quanno uno bada a li particolari e io nun volevo trascura' gnente, magara la corpa e' de quella bagascia che all'intervallo se' allontanata co' uno che me pareva uno stecchino tutto vestito in giacca e cravatta che nun s'e' mai visto anna' a lo stadio in quer modo, me chiedo quanno s'e' sposato che s'e' messo.. vabe' nun se incazzi, vado avanti... allora all'intervallo Ferrovecchio s'e' addormito e er Porchetta e' annato a caca' e io so' rimasto a guardamme li bauscia che questionaveno, ciacicaveno le gomme americane e discuteveno sur fatto che l'Inter 'sta partita nun la doveva perde insomma l'aria era friccichella come piace a me e poi quanno stai uno a zero a casa dei longobbardi ce sta gusto a vedelli tutti aggitati... e poi via, aricomincia la partita e lo spettacolo e' diventato imbarazzante, davero, ma mica pe' la Roma, pe' gli onestoni che nun vedono palla allora quer rincojonito dell'allenatore loro che io lo odio dai tempi della Lazzie comincia a ravana' ner torbido e cambia li giocatori a ruzzica, ma de che, nun fanno un tiro in porta, anzi je la mischiamo proprio, lo zingaro va ch'e' na bellezza, danielino comanna che pare er generale Caster, er capitano le piglia e le da' e se danna l'anima e pure Taddeo prova a fa' er fenomeno un par de vorte tanto che all'urtimo quer criminale de Burdisso che secondo me sta gente la dovreste mette drento e butta' le chiavi j'entra a piedi pari sur ginocchio e allora Ferrovecchio se incazza e un artro po' je tira giu' de sotto una bottija ma io lo fermo che e' mejo nun fasse conosce, che lui e' pure in libberta' viggilata e ha messo una zucca sur cuscino pe' nun fa' vede ar cellerino che lo piantona in ospedale che e' scappato ma l'arbitro arbitra all'inglese e la partita continua come prima coll'Inter che ansima e la Maggica che se sventola alla grande fino a che nun je se fa male uno da solo e allora quasi me tiro fori er fringuello perche' diventa mejo de Rocco a Budapest, li stamo a fa' neri come le cocce de le cozze, ma a un certo punto er porchetta me dice che percepisce odore de bruciato, io je dico che magari ha scureggiato mentre se fumava la canna ma lui me tira una schicchera sull'orecchio e me dice che sente puzza de bruciato davero e in pochi minuti quella baghette der francese riesce a da' all'arbitro la scusa de mannallo via che quello nun aspettava artro e la Roma perde er mejo frocio der casino e er capitano nerazzurro gioca la schedina ar superenalotto e ce la schiaffa ner didietro mentre Crespo gioca a fa' er derfino in area de rigore e er pischello negro pija a carci la gente manco fossero lattine de coca cola e mortacci loro tutti a casa e addio..."
Vincenzoni riprese fiato neanche fosse stato lui a fare tutta quella tirata, e ancora stordito da quella specie di delirante radiocronaca, si fece quasi piccino piccino e chiese al suo interlocutore: "Capisco... ma cosa le hanno rubato? e chi?"
"Come che m'hanno rubbato? Mortacci loro ho lavorato come un negro pe' du' ore a settimana pe' compramme li bijetti der treno e de la partita, me faccio un viaggio drento a un carro bestiame col riscardamento rotto che si nun scureggiava er Porchetta morivamo assiderati arivo a Milano, faccio er culo nero a quella banda de ladri e quelli che fanno? eh, che fanno? me rubbeno la partita de la vita lo scudetto tutti li sogni de gloria che si nun ciavessero l'arbirti lotterebbero pe' anna' in serie B e invece ecchiteli la' co' 9 punti de vantaggio su la mejo Roma dell'urtimi anni che avemo sofferto a Trigoria sotto la pioggia a incoraggia' i ragazzi e ce avevamo creduto e avemo telefonato a tutte le radio e scritto a tutti li giornali che ce credevamo e infatti ce dovevamo crede si, che ce avrebbero preso per culo un'artra vorta... m'hanno rubbato er sogno de lotta' pe' uno scudetto che dovrebbe veni' a Roma in carozza e invece arimane sui Navigli a mori' de pizzichi de zanzare!"
Vincenzoni tiro' un sospiro, poi si rivolse a Chiavetta e inizio' a dettare: "Allora, dove eravamo rimasti... ah si... allo stadio San Siro dove sono stato derubato del mio sogno scudetto. Autore del furto, accaduto sotto i miei occhi e in presenza dei testimoni, signori Porchetta e Ferrovecchio, e' stato l'arbitro della partita, signor Rosetti, in evidente combutta con l'allenatore dell'Inter, signor Mancini Roberto, e del Presidente dottor Moratti. In fede... data... ecco, Chiavetta, stampi pure in triplice copia... bravo, mi dia pure... ecco signor Ignazio, firmi qui... e qui... e qui... va bene, noi indagheremo, le faremo senz'altro sapere... arrivederci."
Ignazio strinse cordialmente la mano del commissario, saluto' con un gesto l'esterrefatto Chiavetta, i cui baffi erano ormai irrimediabilmente asimmetrici, e si allontano' soddifatto dell'efficienza delle Forze dell'Ordine milanesi.
Il commissario Vincenzoni prese con se' la denuncia in triplice copia, la infilo' in una cartellina di colore azzurro, e con un pennarellone nero vi traccio' sopra, a caratteri cubitali, la parola "GODO!", per poi rientrare nella sua stanza, ridendo neanche troppo sommessamente sotto i baffi.

Avventura numero 35 --Navigazioni notturne... --


Alle 2 e 40 di notte, Ersilia si sveglio' causa minzione notturna, e non trovando Filippo al suo fianco, si infilo' le ciabattone con la capoccia di Topolino, inforco' le lenti da talpa e ciabattando segui' il lucore proveniente dal salotto.
Trovo' Filippo davanti al computer, gli occhi cipicciosi incollati allo schermo e intento a pestare i tasti con la mano destra come un dannato e a ravanare nel torbido con la mano sinistra con altrettanto vigore.
"Ma che stai a fa' in piedi a quest'ora? Ma nun devi anna' al lavoro domani? Me pari matto, stai sempre appiccicato a quell'affare, pe' me tu sei malato, ciai quarche morbo strano..."
Filippo riusci' a malapena a emettere un grugnito e senza darsi per vinto continuo' a tempestare la tastiera di colpi, anche se comincio' a rimuovere lentamente la mano sinistra dal luogo del peccato, cenrcando di non farsene accorgere.
Ersilia chiaramente se ne accorse eccome, ma per il momento decise di soprassedere e si diresse al bagno. Espletate le funzioni corporali, si rimise a letto, ma non aveva nemmeno posato gli occhiali sul comodino che le parve di udire una sorta di lamento sommesso provenire dal salone.
A quel punto, il sonno le passo' del tutto, si alzo' dal letto e come una furia si ripresento' in salone, dove la scena non era cambiata nemmeno di un fotogramma.
"Ma se po' sape' che ciavrai tanto da smanetta' li' davanti? Ma nun lo vedi che pari matto? Ma io domani disdico tutto, chiamo er 187 e je dico che st'ADSL ce la deveno da leva', che costa una tombola e tu te c'ammali, nun dormi piu', nun parli piu', nun vedi manco piu' le partite in televisione, sempre li' davanti che poi me chiedo 'ndo cazzo hai imparato a usa' quell'aggeggio che tre mesi fa nun sapevi usa' manco la carcolatrice e facevi li conti col lapis sul blocco note..."
La minaccia di Ersilia lentamente penetro' nella mente obnubilata di Filippo, che elaboro' con estrema difficolta' il concetto, lo tradusse in un elementare segnale di pericolo, e si vide costretto a sospendere l'attivita' in corso e a dare retta alla belluina figura in palandrana e ciavatte che aveva sposato, allora in lingerie francese e piedino nudo, 20 anni prima.
"Amo', nun scambia' la causa coll'effetto... nun e' che io non dormo pe' sta qui de fronte, e' che sto qui de fronte perche' nun dormo... si me levi l'ADSL, me lo dici te che me invento io la notte alle 3 che nun posso manco accenne la televisione pe' nun svejatte?"
"A Fili', ma prima dormivi eccome, la domenica te arzavi all'ora de pranzo, magnavi le lasagne de mi' madre e te ribbuttavi sul letto fino all'ora de le partite... adesso invece te trovo qui de fronte a tutte le ore der giorno e de la notte, pure la sera de Natale ciavevi sto callaretto acceso, io me sto' a preoccupa', ma che ce farai davanti a sto coso, almeno, se po' sape'?"
"Amo', ma che voi che faccio, gnente, navigo, me industrio, leggo, me informo..." fu il tentativo disperato di Filippo di dare una versione credibile dei fatti alla moglie, che non ci credette nemmeno per un minuto e torno' ad incalzarlo: "Aho, io non ho mai visto uno che studia co' le mano drento a le mutanne, manco tu' fijo quanno faceva finta de studia' estimo e invece sotto ar libbro nisconneva li giornaletti zozzi, ma nun sara' mica che stai a vede le zozzerie in rete... oddio, mica me sarai diventato PETOMANE, vero?" grido' inorridita la consorte.
"PEDOFILO, no PETOMANE, a Ersi', e none, nun so' pedofilo, davero, sta tranquilla... la mano ne le mutanne me c'e' finita pe' sbajo, una specie de fraterno saluto ar regazzino, lo sai che noi omini ciavemo un rapporto speciale cor fringuello, ce parlamo, lo consolamo, je tenemo compagnia..."
"Essi' che ciavemo er gruppo de supporto ucelli, qui drento... tu te stavi a DISTURBA', ecco che stavi a fa'.. a l'eta tua, ma nun te vergogni, ma nun te l'hanno detto che e' peccato e che se diventa pure cecati..."
Filippo perse la pazienza, e replico' seccamente: "Allora tu che hai fatto fino ad esso, che ciai du' fanali antinebbia? A Ersi' ma che disturbato e disturbato, stavo a tene' in caldo er gattino, nun ce stava nisuna volonta' de fa' gnente de male, che poi male manco sarebbe, co' st'astinenza prolungata alla fin fine mica me vorai di' che ce devo schiaccia' le noci... nonostante tutto, nun stavo a fa' gnente, va'a dormi' e beata a te che riesci a fatte tutta na tirata de 8 ore..."
Ersilia, offesa dall'accusa di indulgere in opere impure, attraverso' la sala con passo furibondo, e quando fu davanti allo schermo, si ritrovo' davanti una foto gigantesca di Jenna Jameson che allenava una intera squadra di basket. Subito si porto' la mano davanti agli occhi, e lancio' un grido disumano:"Aaaaaaaaaah, lo vedi, brutto pipparolo, stavi a vede le cose zozze, che schifo gesugiuseppeemmaria, nun e' possibbile, ossignorecheseineicieli, ommadonninamiabella..."
"Nun strilla' Ersi', ch'e i Gervasoni qui de fronte penseno male, e chiameno la polizzia.... e poi che voi che sia, io me stavo a informa' sulle nuove tendenze der cinema, sui nuovi fenomeni culturali, sull'impatto della pornografia sulla societa' contemporanea... guarda Ersi, guarda che robba.... bottije, banane, estintori..." la voce di Filippo, sussurrata e suadente, convinse Ersilia ad allargare leggermente le dita della mano che le copriva gli occhi, sbirciando di soppiatto la galleria di porcate che il marito le propinava.... mano mano che le immagini scorrevano, senti' un certo languorino partirle dal baricentro del mutandone, e riscaldarla tutta.... Riluttante, si sedette sulle ginocchia di Filippo, che la guardava invitante, gli si strinse addosso e mentre lui furtivo le scostava i lembi della vestaglia, prese il mouse in mano e per la prima volta, in tanti anni, fece un doppio, lascivo click....

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